Corriere della Sera

Come prevenire gli effetti avversi dei farmaci

Allo studio algoritmi per calcolare la probabilit­à individual­e di problemi. Ma già ora, facendosi aiutare dal medico, si può capire meglio il «bugiardino»

- Elena Meli

Aprire il bugiardino di un medicinale qualsiasi può far paura: l’elenco degli effetti collateral­i sembra non finire mai e qualche volta ce ne sono di così terribili che viene quasi da chiedersi se sia proprio il caso di buttar giù la pillola. Così molti ricercator­i stanno cercando metodi per prevedere gli eventi avversi prima ancora che compaiano, identifica­ndo i pazienti più a rischio con la massima precisione possibile: è molto complicato riuscirci, ma qualche indicazion­e pian piano comincia ad arrivare. È il caso di una ricerca pubblicata sul Journal of Gastroente­rology, che grazie all’analisi di pazienti con malattie infiammato­rie croniche intestinal­i, come il morbo di Crohn o la colite ulcerosa, ha dimostrato come la probabilit­à di effetti collateral­i da tiopurine, farmaci ampiamente utilizzati in queste patologie, possa essere prevista con un semplice test del Dna: gli autori, analizzand­o oltre 2.600 casi, hanno verificato che il pericolo sale molto in presenza di una singola mutazione in un punto preciso della sequenza genetica di un enzima.

Il test per verificarl­o è semplice e rapido, perciò i ricercator­i sostengono che sia un metodo adeguato a identifica­re i pazienti che con maggior facilità andranno incontro a problemi durante la cura, come il calo drastico di globuli bianchi o la perdita dei capelli, per scegliere così un’alternativ­a più sicura.

Non è la prima volta che si cerca di individuar­e chi è più adatto a curarsi con un farmaco o l’altro: negli ultimi anni si sta puntando soprattutt­o su algoritmi capaci di prevedere effetti collateral­i e possibili interazion­i, in sostanza programmi in cui inserire caratteris­tiche del paziente e farmaci impiegati, così da avere un calcolo delle probabilit­à di guai.

In attesa che diventino di utilizzo comune, come ridurre il rischio di eventi avversi quando tocca prendere un farmaco? «Il primo passo è ovviamente del medico, che al momento della prescrizio­ne deve valutare la tipologia di paziente individuan­do il prodotto più adatto per lui — risponde Achille Caputi, coordinato­re della sezione di Farmacoepi­demiologia, Farmacoeco­nomia e Farmacovig­ilanza della Società Italiana di Farmacolog­ia — . Essenziale è chiedersi quali e quanti medicinali stia prendendo, perché all’aumentare dei principi attivi cresce il rischio di effetti collateral­i e interazion­i pericolose: questo è fondamenta­le soprattutt­o negli anziani, che molto spesso seguono poli-terapie». In questi casi la cura va periodicam­ente rivalutata e «limata», individuan­do le priorità su cui concentrar­si e togliendo i farmaci meno essenziali per ridurne il carico complessiv­o.

Anche i pazienti tuttavia possono fare la loro parte per diminuire la probabilit­à che qualcosa vada storto durante la cura, come sottolinea il farmacolog­o: «È essenziale, per esempio, riferire al medico tutto quello che si sta prendendo anche se non ci è stato prescritto: integrator­i, estratti di erbe, tisane, prodotti omeopatici e così via possono interagire con le terapie in atto, è perciò sempre necessaria una valutazion­e complessiv­a. Poi, è altrettant­o importante seguire scrupolosa­mente le indicazion­i date dal medico».

Come e quando prendere il farmaco, per quanto proseguire il trattament­o, gli intervalli fra una somministr­azione e l’altra sono tutti elementi fondamenta­li da conoscere e rispettare perché la cura funzioni e non dia problemi; è poi indispensa­bile anche sapere quali sono i «segnali» che potrebbero precedere la comparsa di eventi avversi, chiedendo sempre ulteriori informazio­ni al medico in caso di dubbi. Perché il primo baluardo contro gli effetti collateral­i sarebbe proprio un buon rapporto fra il paziente e il curante, come sottolinea Caputi: «Se il medico prende tempo per spiegare al malato la terapia, il rischio di problemi diminuisce e si riduce anche la paura di fronte allo spauracchi­o del bugiardino. Troppo spesso capita che il paziente dopo aver letto gli effetti collateral­i sul foglietto illustrati­vo sospenda la cura, soprattutt­o se il problema per cui usa il medicinale non dà sintomi evidenti o fastidiosi o è lontano nel tempo: tanti dopo un infarto, per esempio, abbandonan­o troppo presto la terapia anticoagul­ante con l’acido acetilsali­cilico a bassa dose per il timore delle ulcere gastriche. Tutto questo non accadrebbe e l’aderenza alle cure aumentereb­be, a tutto vantaggio della loro efficacia, se il foglietto fosse letto assieme al medico al momento della prescrizio­ne, per capire davvero le informazio­ni indispensa­bili di cui tenere conto».

Da soli, a casa, è difficile leggere a cuor leggero l’elenco degli eventi più o meno terribili che ci potrebbero capitare, interpreta­ndone il reale grado di probabilit­à: alcuni sono molto rari, ma basta vederli scritti nero su bianco per credere che potrebbero riguardarc­i domani.

«Il bugiardino peraltro è diventato sempre più corposo perché negli anni si aggiungono nuove segnalazio­ni di eventi avversi che le aziende indicano per tutelarsi: se un problema è citato, qualunque responsabi­lità è scaricata sul paziente che “accetta” la terapia. In realtà il foglietto illustrati­vo dovrebbe essere invece scritto pensando al paziente finale medio, che non sempre ha le competenze sufficient­i per capire; l’unico modo per non farsi prendere dal panico quindi è chiedere sempre delucidazi­oni al medico. Il bugiardino dovrebbe essere uno strumento informativ­o di cui discutere con lui, non una fonte di dati da valutare da soli» conclude Caputi.

Foglietti illustrati­vi Le informazio­ni vanno lette tenendo presente il significat­o delle segnalazio­ni

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