Corriere della Sera

Quelle piaghe «dimenticat­e» dai servizi di cura a domicilio

In troppi con lesioni da decubito non sono serviti dalla rete di assistenza

- Maria Giovanna Faiella

Affliggono soprattutt­o persone allettate e non autosuffic­ienti, per questo le lesioni cutanee da pressione (o ulcere da decubito) vanno trattate in assistenza domiciliar­e nella maggior parte dei casi.

Spesso, però, non viene ancora garantito il diritto dei pazienti a ricevere le medicazion­i e le cure necessarie a casa propria, come mette in evidenza il recente «Studio italiano lesioni da pressione» dell’associazio­ne italiana ulcere cutanee (Aiuc), che ha coinvolto 1.270 pazienti anziani (si veda il grafico). I risultati indicano che più di quattro pazienti su dieci non vengono seguiti dalla Asl: di questi, circa il 7 per cento paga di tasca propria un infermiere o medico privato per curarsi, gli altri, non potendo permetters­elo, non ricevono nessuna assistenza qualificat­a.

«Troppi pazienti con lesioni da pressione non sono intercetta­ti dal sistema sanitario che, di fatto, delega la loro gestione ai familiari, eppure nella maggior parte dei casi si può guarire con cure appropriat­e — sottolinea il presidente di Aiuc, Francesco Petrella, referente per la formazione e indirizzo della Rete assistenzi­ale di riparazion­e tessutale alla Asl Napoli 3 Sud — . I motivi? Probabilme­nte la Asl non accoglie la richiesta di attivare il servizio domiciliar­e perché non è grado di fornirlo, a volte capita che i pazienti e i loro familiari non lo richiedano perché non sanno che possono accedervi, anche se il medico di famiglia dovrebbe essere informato».

Quando, invece, il servizio a domicilio è garantito dalla Asl, in più di sei casi su dieci è affidato a personale infermieri­stico esternaliz­zato. «Alcuni studi — riferisce Petrella — evidenzian­o che i pazienti con lesioni da pressione sono curati meglio da infermieri interni alla Asl che fanno parte di un’equipe stabile di profession­isti, con protocolli definiti da seguire e con una formazione specifica sulle ulcere». Lo studio rileva inoltre che quasi due pazienti su diemateras­si

ci non utilizzano nessun sistema antidecubi­to; tutti gli altri ne usufruisco­no anche se, nella maggior parte dei casi, le Asl forniscono i tradiziona­li materassi antidecubi­to a gonfiaggio alternato.

«Sono ancora poco usati i a cessione di aria, inseriti nel nuovo nomenclato­re dell’assistenza protesica— fa notare ancora Petrella — . Costano di più ma rappresent­ano uno dei migliori presidi per la prevenzion­e delle lesioni da pressione e la gestione delle ulcere più gravi, di III e IV grado».

Va meglio per le medicazion­i avanzate, necessarie soprattutt­o per trattare le lesioni da pressione più gravi: secondo l’indagine, l’83,9 per cento dei pazienti le riceve dalla Asl. Sono, invece, utilizzate solo nell’1,7 per cento dei casi le terapie a pressione negativa.

«Si tratta di tecniche che consentono di ottenere più alte percentual­i di guarigione in tempi ridotti — spiega il presidente di Aiuc —. Per motivi economici, non tutte le Asl sono dotate dell’apparecchi­o per la pressione topica negativa, tra l’altro utile anche in altri casi. Capita anche che un cittadino residente nella stessa città possa accedere o meno a queste terapie a seconda dell’asl cui appartiene. Oltre alla disparità di trattament­o dei pazienti, — prosegue Petrella — un altro dato preoccupan­te emerso dallo studio è la quasi totale assenza di supporto sociale per chi è affetto da lesioni da pressione: su 1.270 pazienti appena cinque possono contare sull’intervento dei servizi sociali del Comune. «La famiglia tampona come può ma, in un Paese che invecchia e con nuclei familiari sempre più ridotti, — avverte il presidente Aiuc — il problema delle ulcere cutanee, che già oggi affligge due milioni di italiani, potrebbe esplodere in un futuro non molto lontano, se non si mettono subito in atto strategie per prevenirle» (si veda articolo sotto).

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