Corriere della Sera

La caduta di una menzogna

- di Pierluigi Battista

L a cattura e l’estradizio­ne del latitante Cesare Battisti mette la parola fine a una leggenda nera che ha alterato la verità e ha trasformat­o in martire della libertà, in scrittore perseguita­to dall’oppression­e dello Stato italiano, un terrorista dei Proletari armati per il Comunismo (Pac) che secondo le sentenze dei tribunali italiani nel ’78 ha assassinat­o alle spalle il maresciall­o Antonio Santoro, e poi nel ’79 l’agente Andrea Campagna, colpito alla testa, e nello stesso anno (materialme­nte) il macellaio Lino Sabbadin e (organizzat­ivamente) il gioiellier­e Pier Luigi Torregiani, ammazzati per vendetta perché avevano reagito alle rapine di finanziame­nto dei Pac. L’arresto e la consegna di Battisti alla giustizia italiana non è una vendetta, di segno contrario: lo Stato di diritto non prevede e non ammette vendette. Ma è la riparazion­e di un torto, il principio che un assassino seriale debba scontare la pena come tutti gli altri cittadini raggiunti dalla giustizia che non hanno la possibilit­à di mobilitare uno stuolo internazio­nale di intellettu­ali capaci di giustifica­re e di nobilitare le gesta criminali.

Dimentican­do cinicament­e la sofferenza delle vittime di Battisti, una falange ciarliera di intellò francesi, spalleggia­ti da intellettu­ali italiani inebetiti dall’oppio ideologico, e purtroppo sostenuti dal pregiudizi­o innocentis­ta di Amnesty Internatio­nal, un tempo nemica dei soprusi veri che si consumano nel mondo, cominciò a martellare l’opinione pubblica con una campagna di depistaggi­o in cui la richiesta di estradizio­ne dell’italia veniva equiparata alla prepotenza di una tirannia che voleva mettere le grinfie su un libero pensatore.

La corporazio­ne degli scrittori si mobilitò a difesa del collega «scrittore», o ritenuto tale. Venne divulgata la fake news secondo la quale l’imputato Battisti non avrebbe goduto di tutte le garanzie che lo Stato di diritto considera intoccabil­i nell’esercizio della difesa: una bugia. Lo stesso Stato italiano venne dipinto

 Giustizia

La cattura in Bolivia mette fine a una leggenda nera che ha alterato la verità

come una macchina oppressiva che, dopo tanti anni dai fatti contestati, voleva divorare un grande dissidente. La campagna produsse i suoi frutti. Prima in Francia e poi in Brasile, con lo status di «rifugiato politico» la richiesta italiana di estradizio­ne venne in vario modo rispedita al mittente. Ora, passato in Bolivia, Battisti è stato catturato anche grazie all’azione di ricerca delle forze investigat­ive italiane. Non è una tirannia che mette le mani su un dissidente, ma uno Stato democratic­o che può far scontare a un assassino la pena sancita al termine di regolari processi, sia pure celebrati con l’imputato contumace, essendo all’epoca già evaso, fuggiasco all’estero.

A tanti anni di distanza, gesti di clemenza non avrebbero nulla di scandaloso, già è accaduto, sempre in modo drammatico perché è difficile chiudere un capitolo senza offendere i sentimenti di chi ha subìto la violenza omicida del terrorismo: augurarsi la galera è terribile, per chiunque. Ma nel caso di Cesare Battisti lo scandalo sarebbe evidente. Senza spirito vendicativ­o. Senza smania di rappresagl­ia, senza ritorsioni sproporzio­nate. E nemmeno, se possibile, senza sentimenti di trionfo da parte di uno Stato che deve essere giusto, ma non feroce. L’importante è che sia ristabilit­a la verità, che le cose siano rimesse al loro giusto posto, che una menzogna venga sfatata. In Bolivia è stato raggiunto un terrorista assassino, non uno scrittore martire. Da qui può ricomincia­re eventualme­nte un’altra storia. Da qui, dall’italia.

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