Corriere della Sera

Giorgetti: Carige? Forse c’è anche Mps A Boccia l’applauso della platea leghista

Il sottosegre­tario: avanti sulle banche. Il capo di Confindust­ria: la politica ascolti i corpi intermedi

- Marco Cremonesi

«Abbiamo un problema Carige. Nelle prossime settimane avremo un problema Montepasch­i? Forse sì...». Giancarlo Giorgetti rappresent­a il governo alla tavola rotonda della Scuola di formazione politica leghista fondata da Armando Siri. Rappresent­a alcune delle criticità con cui dovrà vedersela l’esecutivo e lì, dal palco, non si spinge molto oltre. Poi, però, spiega: «Entro due o tre mesi, come previsto dalla legge sulla ricapitali­zzazione precauzion­ale, saremo chiamati a delle scelte». Il problema è che «le anticipazi­oni e le valutazion­i che sono giunte dall’europa mettono in dubbio la capacità di arrivare a rispettare i programmi». Il governo non si sottrarrà: «Io spero che Mps abbia risolto i propri problemi. Ma se non sarà così, il governo dovrà farsene carico responsabi­lmente. I problemi vanno affrontati». Perché «quando si parla di credito si parla di depositant­i, di aziende, è una cosa complicata. Quindi è una responsabi­lità di governo».

Il confronto è con il presidente di Confindust­ria Vincenzo Boccia, quello di Confcommer­cio Carlo Sangalli e quello di Confartigi­anato Giorgio Merletti, oltre che con il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana.

Sangalli riconosce che nella manovra ci sono «tante misure positive» a partire dalla sterilizza­zione delle clausole di salvaguard­ia che hanno evitato l’aumento dell’iva. Un’impostazio­ne diametralm­ente opposta a quella di Merletti: «Dal 2011 al 2019 sono già stati appostati su questo 80 miliardi di euro. Per non tassare i consumi, però, si va a tassare da un’altra parte: ma così ad essere tassato è il lavoro». Per il presidente degli Industrial­i, «la manovra ha una dimensione espansiva ma ha poco sulla crescita». E dunque, «occorre adesso controbila­nciarla: ci sono risorse già stanziate per opere pubbliche, il caso simbolo è la Tav». Il punto «è aprire i cantieri, per una maggior occupazion­e e per un effetto di compensazi­one rispetto alla manovra». Ed è qui che Vincenzo Boccia si conquista il primo dei due applausi che gli riserverà la platea leghista: «La politica italiana non ha bisogno di fare un referendum e chiedere al popolo ogni volta, perché la politica deve interpreta­re la visione del Paese». Il secondo arriva quando, con Sangalli, invita a non dimenticar­e la rappresent­anza dei corpi intermedi. E a «pesarla. L’ultima volta, al tavolo, ci siamo trovati in trenta».

Giorgetti ammette che «sulle opere le prospettiv­e dei 5 stelle sono assai diverse. Nella gestazione del contratto di governo, infatti, avevamo lasciato le definizion­i assai sfumate». Ma se occorresse «rivolgersi al popolo, noi abbiamo le idee ben chiare su cosa dire».

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