Giorgetti: Carige? Forse c’è anche Mps A Boccia l’applauso della platea leghista
Il sottosegretario: avanti sulle banche. Il capo di Confindustria: la politica ascolti i corpi intermedi
«Abbiamo un problema Carige. Nelle prossime settimane avremo un problema Montepaschi? Forse sì...». Giancarlo Giorgetti rappresenta il governo alla tavola rotonda della Scuola di formazione politica leghista fondata da Armando Siri. Rappresenta alcune delle criticità con cui dovrà vedersela l’esecutivo e lì, dal palco, non si spinge molto oltre. Poi, però, spiega: «Entro due o tre mesi, come previsto dalla legge sulla ricapitalizzazione precauzionale, saremo chiamati a delle scelte». Il problema è che «le anticipazioni e le valutazioni che sono giunte dall’europa mettono in dubbio la capacità di arrivare a rispettare i programmi». Il governo non si sottrarrà: «Io spero che Mps abbia risolto i propri problemi. Ma se non sarà così, il governo dovrà farsene carico responsabilmente. I problemi vanno affrontati». Perché «quando si parla di credito si parla di depositanti, di aziende, è una cosa complicata. Quindi è una responsabilità di governo».
Il confronto è con il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, quello di Confcommercio Carlo Sangalli e quello di Confartigianato Giorgio Merletti, oltre che con il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana.
Sangalli riconosce che nella manovra ci sono «tante misure positive» a partire dalla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia che hanno evitato l’aumento dell’iva. Un’impostazione diametralmente opposta a quella di Merletti: «Dal 2011 al 2019 sono già stati appostati su questo 80 miliardi di euro. Per non tassare i consumi, però, si va a tassare da un’altra parte: ma così ad essere tassato è il lavoro». Per il presidente degli Industriali, «la manovra ha una dimensione espansiva ma ha poco sulla crescita». E dunque, «occorre adesso controbilanciarla: ci sono risorse già stanziate per opere pubbliche, il caso simbolo è la Tav». Il punto «è aprire i cantieri, per una maggior occupazione e per un effetto di compensazione rispetto alla manovra». Ed è qui che Vincenzo Boccia si conquista il primo dei due applausi che gli riserverà la platea leghista: «La politica italiana non ha bisogno di fare un referendum e chiedere al popolo ogni volta, perché la politica deve interpretare la visione del Paese». Il secondo arriva quando, con Sangalli, invita a non dimenticare la rappresentanza dei corpi intermedi. E a «pesarla. L’ultima volta, al tavolo, ci siamo trovati in trenta».
Giorgetti ammette che «sulle opere le prospettive dei 5 stelle sono assai diverse. Nella gestazione del contratto di governo, infatti, avevamo lasciato le definizioni assai sfumate». Ma se occorresse «rivolgersi al popolo, noi abbiamo le idee ben chiare su cosa dire».