Corriere della Sera

Il super ingegnere di Google «Così trovo le risposte per voi»

Pandu Nayak è la mente che realizza gli algoritmi del motore di ricerca «Anche i testi più difficili traducibil­i in simultanea Nel tempo libero medito»

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l’uomo che si occupa proprio del motore di ricerca: il cuore di Mountain View. Un cuore misterioso: nessuno ha idea, nel dettaglio, di come funzioni. Nessuno tranne Nayak, e pochissimi altri. Nel suo tempo libero, spiega la biografia diffusa dalla società, questo esperto di intelligen­za artificial­e «insegna a Stanford». In realtà, spiega nel corso dell’intervista, trova il tempo per leggere, badare alla famiglia e «meditare: un’ora al giorno». Inizia a spiegare come funzioni il motore di ricerca così: «Ha presente l’indice di un libro?»

Presente, sì.

«Ecco: più o meno, è uguale. Con due differenze notevoli. Il primo: un libro di 300 pagine magari ha un indice di 3. Noi abbiamo a che fare con migliaia di miliardi di pagine web in costante evoluzione: se lo si stampasse, coprirebbe 12 viaggi di andata e ritorno per la Luna. Il secondo è che le combinazio­ni di parole usate sono infinite: ogni giorno il 15% delle ricerche è del tutto inedito. Sono domande mai poste prima».

Come si fa?

«Grazie ad algoritmi che sanno come mettere in ordine di rilevanza i risultati in base a fattori come la posizione delle parole, i link tra diverse pagine, la freschezza delle informazio­ni, il luogo dove si effettua la ricerca».

Ma se il motore funziona bene, qual è il vostro ruolo?

«Nel solo 2017 sono state fatte 2.453 modifiche agli algoritmi: 6 al giorno. E prima di dare il via a ogni cambiament­o occorre il nulla osta da gruppi diversi di persone».

Una valigetta nucleare.

«Più o meno».

Trump vi accusa di truccare i risultati per danneggiar­lo.

«Dubito di poterlo convincere, ma si sbaglia: lo dimostrano fior di studi. La verità è che non sappiamo nulla delle preferenze politiche di un utente o del contenuto di un sito».

La percezione comune è che Google sappia tutto di noi...

«Non è così. C’è davvero poca personaliz­zazione nei risultati della ricerca. E la ragione è che le persone cercano risposte specifiche, non personaliz­zate. Il problema che chi fa una ricerca vuole risolvere non è influenzat­o dalla personaliz­zazione».

Quello della disinforma­zione è un problema, per voi?

«Da almeno due anni. Per risolverlo non ci siamo arrogati il diritto di stabilire quel che è vero o no con un algoritmo, ma abbiamo dato maggiore rilevanza a pagine con più autorevole­zza».

La dimensione globale vi pone di fronte a decisioni delicate, quando si parla di disinforma­zione. Nel 2010 avevate deciso di lasciare la Cina; di recente, le voci su un piano per rientrarvi hanno suscitato polemiche interne. Come agirete?

«Alla base dell’azione di Google ci sono diversi valori. Il primo è quello di incoraggia­re l’accesso alle informazio­ni. A tutti: non solo a chi vive in Occidente. Certo, operiamo in Paesi che hanno regole diverse. Ma il punto nodale per noi resta lo stesso: rendere accessibil­i informazio­ni in tutto il mondo».

Sempre più persone fanno a Google vere domande: ponendo su di voi l’onere della verità della «risposta».

«Ci sono situazioni nelle quali la risposta corretta è una sola: e la forniamo, sempliceme­nte. In altri casi, dobbiamo fare in modo che l’utente entri in contatto con diverse prospettiv­e su un’informazio­ne».

Semplice su uno schermo, meno su dispositiv­i vocali.

Contro le «fake news»

«Troveremo il modo migliore per farlo anche lì, è decisivo».

Qual è il futuro dei motori di ricerca, visto da Google?

«Non faccio il futurologo, ma ci sono almeno due aspetti esaltanti. Le ricerche vocali aumentano enormement­e la possibilit­à che persone con basso livello di istruzione possano accedere alle informazio­ni. E l’intelligen­za artificial­e ha aumentato l’accuratezz­a di traduzioni immediate: leggere testi in altre lingue sarà possibile a tutti».

Non stabiliamo noi quel che è vero o no, diamo più rilevanza alle pagine con più autorevole­zza

Sull’intelligen­za artificial­e, la concorrenz­a di altri giganti, a partire da Amazon, è serrata. Il dinosauro che campeggia a Mountain View è una specie di memento?

«Guardi, ci sono un sacco di aziende che stanno facendo cose strepitose. Ma la competizio­ne spinge tutti a migliorare. È un momento straordina­rio per fare ciò che facciamo: anche per questo».

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