INTERVENTI E REPLICHE
Diplomazia, il rigore delle prove di selezione
Ho letto con attenzione, condividendone i contenuti, l’editoriale di Galli della Loggia (31 dicembre 2018, «Le élite devono tornare a fondarsi sul merito»). Una integrazione è necessaria: a differenza di un tempo in cui la padronanza di due lingue straniere era prerogativa dei familiari dell’«élite», oggi la loro percentuale nel concorso alla carriera diplomatica, forse il più difficile in Italia, non supera il 2% sul totale dei nuovi assunti, segno anche del rigore delle prove di selezione basate esclusivamente sul merito e a garanzia della «terzietà» della funzione istituzionale, dovendo la diplomazia rappresentare all’estero lo Stato nella sua interezza. Oggi l’età media della nostra diplomazia è di 44,7 anni, inferiore ad altri settori, ed è una ricchezza per il Paese: in tal senso è anche stato stimato che ogni euro destinato alla Farnesina ha un moltiplicatore di 20 volte sul Pil, come hanno evidenziato le analisi di Prometeia e di Unioncamere Veneto-cgia di Mestre. In tale quadro, la «terzietà» della professione e le connesse modalità di accesso ad essa possono anche contribuire a una riflessione sulle ragioni per cui la quota della spesa pubblica italiana destinata alla Farnesina sia passata, proprio nel ventennio della globalizzazione, dallo 0,28% del 1998 al misero 0,09% attuale, una discesa oltretutto in controtendenza rispetto a quanto fanno gli altri Stati, da ultimo l’olanda, anche per promuovere i loro interessi economici nel mondo.
Francesco Saverio De Luigi, Presidente Sindacato Nazionale
Dipendenti Ministero Affari Esteri Sindacato, la proposta della Uil
Alesina e Giavazzi (Corriere, 8 gennaio) hanno affrontato il tema dell’inps e del futuro delle pensioni, ma partendo da alcuni assunti errati. Attribuire al sindacato, infatti, la paternità della scelta del governo di reintrodurre il Cda nella gestione dell’inps, oltreché dell’inail, non risponde alla realtà. I sindacati sono fuori dalla gestione di questi enti dal 1994: da 25 anni. Negli ultimi nove, questi enti sono stati gestiti da un uomo solo al comando: non propriamente un esempio di democrazia e di efficienza. Da tempo, ormai, la Uil ha chiesto una riforma della governance. Abbiamo proposto la realizzazione di un vero sistema duale, con un organo di gestione nominato dal Parlamento e un Civ in cui siedano i rappresentanti delle parti sociali, che sono gli azionisti di maggioranza di questi enti, con rinnovati ed esigibili poteri di indirizzo e di controllo.per quanto riguarda il futuro delle pensioni, la Uil e gli altri sindacati hanno chiesto che l’accesso alla pensione sia riallineato al resto d’europa, ovvero in un’età ricompresa tra 62 e 63 anni. Ricordiamo che in Germania si andrà in pensione a 67 anni solo nel 2030. Infine, Alesina e Giavazzi ripropongono una stantia leggenda metropolitana secondo cui il sindacato sarebbe composto da soli pensionati. Siamo orgogliosi che milioni di lavoratori in pensione si continuino a iscrivere al sindacato confederale. Per la Uil in particolare, però, tre quarti degli iscritti sono lavoratori attivi, molti dei quali giovani che appena escono dalla precarietà, frutto delle politiche liberiste attuate in questi anni, si iscrivono al sindacato.
Domenico Proietti, Segretario confederale Uil