Pennac e l’elogio a Melville «Porto a teatro i suoi brani per ricordare mio fratello»
«Non so nulla di mio fratello morto se non che l’ho amato». Per riuscire a ritrovare i ricordi che lo legavano a Bernard deceduto nel 2007, cancellati dal dolore, lo scrittore Daniel Pennac ha impiegato dieci anni.
Poi, durante un viaggio in autostrada, il sorpasso di una Ferrari riporta a galla i momenti dimenticati. Quella fiamma che lo sfiora, quel punto rosso così rapidamente scomparso all’orizzonte, quell’eco del rombo del motore, consegnano a Pennac un’intuizione: «Mio fratello era l’esatto opposto». Con questa bussola, una mattina si alza e comincia a scrivere, a fissare i ricordi. Intrecciandoli «con un ritmo che ha imposto se stesso», con brani scelti da Bartleby lo scrivano di Herman Melville, personaggio per il quale i due fratelli avevano una predilezione.
Ricordi, aneddoti e battute del libro prendono ora corpo nello spettacolo teatrale Mio fratello in anteprima nazionale l’1 e 2 febbraio al Funaro di Pistoia. Pennac è in scena insieme a Vincent Berger, Marie Elisabeth Cornet e Pako Ioffredo, la regia è di Clara Bauer. «Bernard era timido, ma molto fiero che facessi teatro — riflette lo scrittore —. Aveva davvero un lato Bartleby, il lato “avrei preferenza di no”. Era assolutamente inadatto al consumo futile. Compreso il carrierismo, la mondanità... Niente di tutto ciò lo interessava».
Libro e spettacolo sono, afferma, «un atto d’amore». «La perdita di un fratello maggiore che ti ha accompagnato per tutta la vita è una sorta di tradimento del destino. Bernard è la persona che ho amato più chiaramente, senza alcun ulteriore motivo o risentimento in nessun campo. In sessant’anni non abbiamo mai litigato. Con lui, tutto ciò che poteva creare conflitto creava collusione. Ho perso quel po’ di tenerezza che c’era ancora al mondo».