Il predestinato che crea basket Doncic ha già conquistato l’nba
Lo sloveno ex Real, matricola in Usa, paragonato a Jordan, Magic e Bird
«Non desistas, non exieris». La frase in latino tatuata sul polso sinistro di Luka Doncic, 20 anni il prossimo 28 febbraio, è un motto che la stella dei Dallas Mavericks non ha mai dovuto in realtà mettere in pratica. «Non mollare, non arrenderti». Non ne ha neppure bisogno, il Wonderboy venuto dalla Slovenia, perché è talmente ovvio che si tratti di un predestinato che pensare che abbia bisogno di motti da comuni mortali significa sottovalutarne le potenzialità. Quelle che avevano intravisto gli osservatori del Real Madrid quando nel 2012, 13enne guardia dell’olimpia Lubiana, dominò la finale del torneo Lido di Roma battendo la selezione del Lazio con 54 punti, 11 rimbalzi e 10 assist.
Sei anni dopo, ancora teenager, ha già conquistato il complicato mondo della Nba, uomo franchigia di Dallas, giocatore da oltre 20 punti a partita, un’assurda capacità di far sembrare semplici le cose più complicate. Che poi è la caratteristica principale di qualsiasi genio. Terza scelta assoluta, pur di averlo i Mavericks l’hanno scambiato con Trae Young e con la prima chiamata dei prossimi draft. Mica poco.
In pochi mesi Doncic si è preso la Nba. Annunciato da un video, «Slovenian Rhapsody», che ne paragonava il talento a quello di Freddie Mercury, Luka è diventato una stella al punto di essere votato come secondo tra i candidati a una maglia del prossimo All Star Game a Charlotte, a metà febbraio.
L’america lo ha scoperto ora, anche perché in un basket ricco di atletismo ma piuttosto povero di tecnica individuale, Luka — così preferiscono chiamarlo i tifosi — si staglia per qualità e quantità, e c’è chi si diverte a misurare la distanza del suo step back, l’arresto e tiro con salto all’indietro, confrontandola con quella dello specialista James Harden.
Ma sarebbe bastato dare un’occhiata a quello che faceva in Europa per capire che i canestri da metà campo, gli assist illuminanti, l’equilibrio che miracolosamente riesce a dare alla squadra, erano già nel suo repertorio. Ha vinto un Europeo con una Nazionale, la Slovenia, impronosticabile per il titolo; ha conquistato l’eurolega e il riconoscimento come Mvp del torneo e delle finali. Il tutto a un’età in cui i nostri talenti, se va bene, fanno i dodicesimi in panchina solo perché il regolamento lo prevede.
Il Wonderboy piace ai tifosi, alle ragazzine e alle mamme (e a lui, a sua volta, piacerebbe incontrare Jennifer Aniston, l’ex star di «Friends» di cui Luka è accanito divoratore). Lo gestisce l’iperprotettiva mamma Mirjam Poterbin, ex modella e ballerina, dalla quale probabilmente Doncic ha appreso il senso dell’equilibrio in aria, quando gli avversari uno alla volta ricadono a terra e lui, ancora in volo, riesce a recapitare la palla al posto giusto, all’uomo giusto e al momento giusto. Chiamasi tattica individuale, o semplicemente tecnica.
Da papà Sasha, mediocre ex giocatore di basket, ha ereditato il senso della posizione sotto canestro ma può giocare in qualsiasi ruolo, da play fino ad ala grande, e in questo ricorda tanto Magic Johnson. Può fare tutto, e c’è chi ha scomodato Michael Jordan. Non eccelle in nulla (velocità, fisico, tiro) ma è più forte di tutti, e a qualcuno ha fatto venire in mente Larry Bird. È un vincente. Nel derby con Houston, sotto di 8, negli ultimi 3 minuti ha ribaltato la partita con 11 punti consecutivi (a zero): si è meritato la canzone «Halleluka», sull’aria di «Halleluja» di Leonard Cohen. Serve altro per dire che nella Nba è sbarcato un predestinato?