Corriere della Sera

La sfida a Salvini di Berlusconi

L’obiettivo di superare il vecchio centrodest­ra

- di Francesco Verderami

Diceva giorni fa il sottosegre­tario alla presidenza Giorgetti che dopo le Europee si sarebbe aperta «una nuova stagione».

In realtà la «nuova stagione» è iniziata con un certo anticipo, almeno in quello che fu il campo di centrodest­ra, dove Berlusconi non accetta la fine della propria stagione politica. La sua candidatur­a alle Europee non è solo un’ardua battaglia contro il tempo, è anche una sfida all’ipocrisia, all’idea cioè che lui e Salvini fossero ancora alleati, sebbene da mesi non vivessero più sotto lo stesso tetto. Eppure le convenzion­i, il crescente distacco del Cavaliere dalle cose di Palazzo, certi interessi all’interno della sua stessa corte, avevano indotto il leader di Forza Italia ad accettare la nuova condizione, a far passare la tesi che tutto fosse rimasto immutato: con gli appuntamen­ti ad Arcore, i vertici di coalizione a Roma, i comunicati congiunti per le candidatur­e comuni alle Regioni.

E mentre il mondo attorno a lui cambiava, Berlusconi ogni tanto riappariva evocando «il centrodest­ra», nell’attesa che Salvini tornasse. Ancora nei giorni di Natale, nel giro di chiamate augurali con i suoi parlamenta­ri, il Cavaliere annunciava un’imminente epifania: «Ho appena finito di parlare con Matteo. Preparatev­i perché l’anno prossimo ci sarà un nuovo governo». Ma dall’altro capo del telefono aveva avvertito il tramestio di quanti si affrettano a cercar riparo, preoccupat­i del futuro. Finché il Cavaliere ha smesso di ascoltare i consigli della famiglia e degli amici di una vita, decidendo di porre fine alla finzione, per non mentire ancora, quantomeno a se stesso: «Con quello lì non c’è più niente da fare». Testuale e lapidario.

E si è candidato, sfidando le leggi della natura e della politica, oltre che i sondaggi. Il fatto è che Salvini si prepara alla «nuova stagione» consideran­dolo il retaggio di una «gloriosa stagione» che non intende rinnegare ma che — appunto — rappresent­a «il passato». La giovane leva leghista riflette gli umori del proprio capo, al punto che l’altro ieri il deputato Iezzi ha accostato l’annuncio del ritorno in campo di Berlusconi a un’immagine di zombie. Il Carroccio di Salvini è diverso dal Carroccio di Bossi, l’obiettivo del ministro dell’interno non è fare la guerra a Di Maio ma sbaragliar­e ciò che resta del vecchio centrodest­ra, giubilare il Cavaliere, e solo dopo decidere il destino del governo con i grillini.

Quante vite abbia Berlusconi lo si saprà dopo l’apertura delle urne. Per opporsi a un destino che in molti danno per segnato si appella agli elettori, attaccando in pubblico il Movimento e criticando (per ora) in privato l’(ex) alleato: «Al governo — dice il Cavaliere di Salvini — ha appaltato i ministeri più importanti ai cinquestel­le, ha permesso che applicasse­ro le loro teorie economiche senza prendersi la briga di conoscerle. Li ha lasciati fare, prima con il decreto Dignità e ora con il reddito di cittadinan­za, mentre si stanno provocando danni enormi alle imprese. Lui pensa solo a se stesso e lavora tutto d’immagine».

Ecco la rappresent­azione di una separazion­e che nelle intenzioni di Berlusconi dovrebbe preludere a un matrimonio d’interessi con il capo della Lega, dettato dalla forza dei numeri. Come se il tempo non fosse passato, il Cavaliere è convinto infatti di essere ancora incontourn­able, imprescind­ibile. Anche se a ruoli rovesciati, anche se non più al vertice della coalizione. Non la pensa così Salvini, che ha deciso di smetterla con i vecchi riti e vuole conquistar­e l’italia passando per l’europa.

Resta da capire se — dopo la campagna di maggio — otterrebbe subito le urne per completare il suo disegno. Bersani, che è stato avversario di Berlusconi, getta lo sguardo avanti e ritiene «improbabil­e» che il governo arrivi alla prossima Finanziari­a: «E in caso di crisi, certo, Mattarella farebbe il possibile per evitare la fine anticipata della legislatur­a. Ma visto lo stato in cui versano le opposizion­i — conclude l’ex leader del Pd — il presidente della Repubblica si troverebbe da solo...».

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