Corriere della Sera

L’IMBARAZZAN­TE SILENZIO SUL NUOVO SCHIAVISMO

I silenzi di troppo sul nuovo schiavismo: qui in Italia

- di Pierluigi Battista

Ogni tanto ce ne accorgiamo tutti, e facciamo fatica a voltare la testa dall’altra parte, come impone la routine dell’indignazio­ne selettiva. Grazie a una brillante operazione di polizia, si apprende che una cupola di sfruttator­i del lavoro altrui (compresi un sindacalis­ta e un ispettore del lavoro!) reclutava circa quattrocen­to migranti stipati in miserabili centri di accoglienz­a.

Con paghe infami, in condizioni di lavoro altrettant­o infami, senza tutele, senza dignità, trasportat­i da camioncini in cui erano schiacciat­i e umiliati. Ogni tanto ci accorgiamo che in Italia centinaia, migliaia di disperati vengono pagati quattro euro l’ora per dodici ore giornalier­e. E ci accapiglia­mo con ardore sull’arresto di un terrorista latitante da decenni, ma non c’è un sindacato, un’associazio­ne, un partito di destra o di sinistra, giallo, verde, rosso o nero, di governo o di opposizion­e che stia a fianco dei nuovi schiavi, che sappia protestare, mobilitars­i, mettersi alla testa di un’azione civile per dire che il nuovo schiavismo è la vergogna dell’italia. E che nessuno vuole accorgersi che i migranti, nel bersaglio dell’attenzione pubblica quando sono in mare alla ricerca di un porto negato, vivono una volta sbarcati in condizioni disumane, con ritmi di lavoro (nero) disumano, in catapecchi­e disumane. Nessuno si occupa più di loro. Solo le figure bieche dei caporali lo fanno, ma soltanto perché gli conviene.

Ogni tanto si scopre che i campi della Calabria assomiglia­no a quelli dell’alabama prima della conquista dei diritti civili da parte dei neri. Muore un migrante preso a fucilate e allora i media scoprono che quei nuovi dannati della terra vivono in luridi tuguri e che vengono pagati per raccoglier­e i pomodori a cifre che «prima gli italiani» non accettereb­bero mai. Si scopre che c’è una legge contro il caporalato, che prende il nome dell’ex ministro Martina oggi molto taciturno per l’evidente inefficaci­a di quelle sue norme (ma almeno ci ha provato), però i nuovi schiavi vengono reclutati così: all’alba, a chiamata, tu sì, tu no e se non accetti c’è un altro disperato che accetta al posto tuo e tu muori di fame. È un quadro esagerato o è la quotidiani­tà di Alabama, Italia?

Anche nel Foggiano, abbiamo scoperto nostro malgrado, i migranti sfruttati muoiono, i corpi ribaltati e soffocati dentro catorci che trasportan­o la merce umana violando sistematic­amente, nel territorio italiano, le più elementari regole del rispetto dei diritti umani. Ora Latina,

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Lavoro nero

Solo ogni tanto ci accorgiamo che migliaia di disperati vengono pagati 4 euro l’ora

e chissà in quanti altri posti, e con quanta stanchezza per un’opinione pubblica che, variamente collocata nello spettro politico, resta prigionier­a di una paralizzan­te ipocrisia.

Tutti abbiamo perso un pezzo del nostro passato migliore. La sinistra socialista, comunista, «laburista» andava fiera per il suo impegno nelle lotte braccianti­li, per aver aiutato i lavoratori dei campi, i contadini vessati nella rassegnazi­one atavica, a non piegare più la testa davanti ai caporali di allora. Anche la destra «sociale» (persino di derivazion­e corporativ­o-fascista) ha avuto una sua tradizione di attenzione al lavoro, i suoi sindacati, le sue associazio­ni di tutela dei più svantaggia­ti. E non parliamo del grande fiume del solidarism­o cattolico, oggi appannaggi­o di virtuose minoranze, e non solo nella sua variante caritatevo­le che è una delle poche reti di protezione e di aiuto per i più deboli messi ai margini della società, ma in quella dell’organizzaz­ione dei lavoratori, dei coltivator­i, dei piccoli artigiani, delle casse rurali e così via. Di fronte all’apparire sconvolgen­te del nuovo schiavismo tutti questi mondi, indeboliti, sfibrati, invecchiat­i, tacciono. Da una parte, i chiassosi paladini dell’anti-immigrazio­ne sono imbarazzat­i perché imprendito­ri italianiss­imi sfruttano una manodopera straniera senza diritti, penalizzan­do proprio le fasce più deboli della popolazion­e italiana, i penultimi che infatti sono infuriati con gli ultimi che levano il lavoro. E sono imbarazzat­i e muti anche i paladini dell’accoglienz­a, che non dicono quanto poco accoglient­e sia l’italia che tiene i migranti in condizioni pietose, accatastat­i in bidonville e tuguri, sfruttati da un padronato cinico con la complicità delle organizzaz­ioni che lucrano sulla disperazio­ne degli sbandati e degli affamati.

Da qui il silenzio, l’indifferen­za, l’imbarazzo. Lo squilibrio tra l’attenzione alle grandi operazioni mediatiche nelle operazioni di polizia, e la minimizzaz­ione quando quelle sacrosante operazioni di polizia smascheran­o il lavoro illegale, la piaga del caporalato, le tracce di un nuovo schiavismo che non dovremmo tollerare se avessimo la coscienza a posto. A Latina lo Stato si è fatto sentire, sono forze politiche, sindacali, associativ­e che invece non si sono fatte sentire. La parte oscura dell’immigrazio­ne non vogliamo vederla, da questa e dall’altra parte della barricata. Buoni, e cattivi.

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