L’OTTIMISMO D’UFFICIO E I FANTASMI DI REGRESSO
I l lirismo d’ufficio di Beppe Grillo sul reddito di cittadinanza, «in alto i cuori!» non cancella i dati crudi di Bankitalia: nel 2019 il nostro Paese vedrà una crescita ridotta dall’1 allo 0,6 per cento. Né si possono sottovalutare gli indizi di un tentativo di smarcamento della Lega da uno dei due provvedimentisimbolo approvati l’altra sera dal Consiglio dei ministri: il reddito di cittadinanza. L’immagine del premier Giuseppe Conte affiancato dai due vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini con in mano i cartelli che «strillavano» il risultato raggiunto, in realtà, era asimmetrica.
Quelli di Conte e Di Maio riportavano sia reddito, sia quota 100 sulle pensioni; quello del leader della Lega, invece, faceva cenno solo a quest’ultimo. Difficile pensare che si sia trattato di un errore di Palazzo Chigi. Al contrario, è stata la simbolica dissociazione da una legge che nelle file del partito di Salvini è vista come uno spreco di soldi nel segno dell’assistenzialismo. Il leader del Carroccio sa che, soprattutto al Nord, si guarda con disappunto al reddito di cittadinanza; e che questo potrebbe fargli pagare un prezzo in termini elettorali.
In più c’è la candidatura di Silvio Berlusconi alle Europee di maggio: una mossa dettata dalla disperazione ma anche dalla volontà di erodere anche solo qualche punto
Le difficoltà Sulla misura simbolo dei 5 Stelle rimangono i dubbi e la cancelliera Merkel dice a Mattarella che tratterà con il premier
percentuale a Salvini. È improbabile che il fondatore di Forza Italia rovesci gli equilibri in incubazione nel centrodestra; o che spezzi il patto di potere cementato dal «contratto di governo» tra Movimento Cinque Stelle e Lega. Ma sarà un ulteriore elemento di tensione e di conflitto. E i numeri dell’economia sono destinati a smentire la narrativa di un possibile boom. I messaggi piccati che arrivano dai Cinque Stelle a Bankitalia tradiscono l’irritazione per l’allarme che le ultime rilevazioni trasmettono. Contraddire la vulgata governativa che promette posti di lavoro e ripresa significa essere catalogati come sabotatori, e cancellati dalla scena. In fondo, è quanto è successo al ministro dell’economia, Giovanni Tria, reso invisibile al momento di presentare una manovra formalmente istruita da lui, perché aveva parlato di stagnazione. È una maggioranza in bilico tra sorrisi ufficiali di soddisfazione e insofferenza alle critiche, quella che inizia la campagna elettorale. Ma i propositi di scardinare dall’interno l’unione europea appaiono molto ambiziosi. Salvini punta a un’intesa con tutti i «sovranisti» del Vecchio continente, dati in ascesa ma in realtà uniti solo dall’euroscetticismo; e blindati nei loro nazionalismi miopi e spesso xenofobi. Il M5S continua a lanciare appelli a formazioni politiche disparate, cercando sponde per formare un gruppo al Parlamento di Strasburgo, ricevendo finora qualche sì e molti no. E intanto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, consolida le relazioni con gli alleati storici dell’italia, come la Germania. Nella sua visita a Berlino ha rassicurato la cancelliera Angela Merkel sulla traiettoria del nostro Paese. E Merkel ha risposto confermando la propria fiducia e lodando lo «stile molto pacato» del premier Conte. Ascolterà lui, ha detto, non «quello che dicono i singoli ministri». A Di Maio e Salvini saranno fischiate le orecchie.