La bella Nastya (che sapeva troppo) catturata a Mosca
Nella trama dei rapporti russi con gli Usa
La bella Nastya era convinta di essersela cavata, dopo quasi un anno passato in una prigione tailandese. Era stata accusata di favoreggiamento della prostituzione, ma alla fine se le era stata comminata una semplice multa ed era stata espulsa verso la natìa Bielorussia.
Solo che Nastya Rybka, come si chiama su Instagram, o Anastasia Vashukevich, come risulta all’anagrafe, nella sua carriera di escort ha fatto vari errori. Non ultimo quello di inimicarsi influenti personaggi nel sistema di potere russo pubblicando video poco opportuni. E infine offrendo agli americani, per uscire di galera, non meglio precisate prove del coinvolgimento di Mosca nelle elezioni che hanno portato Donald Trump alla presidenza.
Così, mentre si trovava in transito nella capitale russa è stata letteralmente «agguantata» da uomini in borghese e trascinata fuori dalla zona extra-doganale. In poche ore è finita in galera e ora rischia fino a sei anni di carcere. Sempre che nel frattempo non le accada qualche cosa di più spiacevole.
La giovane e scalpitante bielorussa è balzata all’onore delle cronache quando quasi
casualmente il blogger e oppositore Navalny si è ritrovato tra le mani un video postato dalla ragazza per raccontare di una sua ricca avventura professionale. Non con un cliente qualsiasi, ma con Oleg Deripaska, uno dei più ricchi oligarchi, vicinissimo al Cremlino, nella lista degli uomini d’affari sanzionati proprio per questo dall’amministrazione Usa.
Il video era stato girato nel 2016 a bordo dello yacht del magnate al largo della Norvegia. Assieme a Deripaska vi compare anche l’allora vice premier Sergej Prikhodko, legatissimo a Putin. La cosa ha suscitato scandalo e ha portato al ridimensionamento del ruolo di Prikhodko (ora è solo vice-capo dell’amministrazione del governo). Ma ha posto numerosi altri interrogativi, visto che sullo yacht si parlava proprio del peggioramento delle relazioni tra Usa e Russia.
Per anni, secondo Navalny, Deripaska ha pagato il lobbista Paul Manafort che, evidentemente, si occupava di fare gli interessi di Mosca a Washington. Tra i due c’erano rapporti stretti, visto che a un certo punto Deripaska gli avrebbe anche prestato dei soldi. Ma Manafort, proprio nel 2016, era anche il capo della campagna elettorale di Trump. Ed è al centro dell’indagine condotta in America dal procuratore speciale Robert Mueller sulle interferenze russe e sui legami del presidente americano con il Cremlino. Dunque, riassumendo, Deripaska era il tramite (pagante) tra Monafort (campagna di Trump), Prikhodko (sempre nell’amministrazione russa, con Eltsin, Putin e Medvedev, responsabile della politica estera) e il Cremlino.
Ora, quasi a voler confermare tutti i sospetti su questi legami, il Tesoro americano ha appena deciso di togliere le sanzioni alle società di Deripaska (Rusal, En+ ed Eurosibenergo, che stavano andando maluccio) a condizione che la quota del magnate scenda sotto il 50 per cento. Questo avverrà tra poco, ma visto come vanno le cose in Russia, non vuol dire granché. Le azioni non passeranno certamente a gente qualunque. La Camera dei rappresentanti a Washington si è opposta, con un netto 362 a 53. Ma al Senato, controllato dai repubblicani, le cose sono andate diversamente e la proposta dei democratici è stata bloccata.
Deripaska, quindi, è salvo. E Nastya, che prometteva rivelazioni sensazionali (magari inesistenti) è «al sicuro» in Russia.