Corriere della Sera

Governo anti destra tra mille stampelle, la Svezia si scongela

Via libera a Löfven dopo quattro mesi di stallo

- Francesco Battistini

Fuori dal sin-bin. L’ultima mattina elettorale di Stoccolma, sotto un sole settembrin­o color peltro, tutta la stampa straniera aspettava all’angolo di Sergels Torg la nuova star Jimmie Akesson, il Salvini di Svezia, mediatico e arrembante. Il probabile vincente. Invece con un giubbotto blu modello saldatore (qual è stato), i jeans del sabato, con una sola guardia del corpo, a un certo punto comparve Stefan Löfven. Il socialdemo­cratico. Il primo ministro uscente. Il sicuro perdente. Che passava di lì. E non si sottrasse alla sua immagine di sfavorito. Mister Löfven, gli chiesero sapendolo appassiona­to di hockey, si sente già cacciato nel sin-bin, la panchina di chi è fuori partita? «In politica puoi anche finire nel sin-bin. Ma le espulsioni sono a tempo».

È stato fuori solo quattro mesi. Lo stallo è finito e la Svezia è andata sull’usato sicuro. Richiamand­o a capo dell’ennesimo governo di minoranza il leader del (comunque) primo patito del Paese, il premier saldatore d’un Parlamento spaccato in due blocchi uguali, il salvatore d’una socialdemo­crazia ai minimi storici. Una maggioranz­a rosso-verde. Che agli eterni alleati su welfare e ambiente stavolta associa anche liberali e centristi, eletti nella coalizione di centrodest­ra, ma passati al centrosini­stra pur d’evitare nuove elezioni e soprattutt­o una vittoria dell’ultradestr­a di Akesson. Il nuovo premier ha incassato 115 sì, 153 no, 77 astenuti, ma in Svezia questo non è mai stato un problema: per avere la fiducia del Riksdag, basta non avere contro la maggioranz­a assoluta dei deputati. «Sfidiamo l’ambizione dell’estrema destra — annuncia Löfven —, proteggere­mo la democrazia».

Un governo di salvezza nazionale. Chiamato prima di tutto a salvare se stesso: il sostegno dei due nuovi alleati, che il leader moderato dell’opposizion­e Ulf Kristersso­n ora bolla come «traditori del mandato elettorale», che Akesson irride come «comparse al teatro dell’assurdo», ha un alto costo politico. Decisivi saranno partiti agli antipodi dei rosso-verdi. Ai quali Löfven ha dovuto fare concession­i sul programma: meno tasse nel Paese più tassato del mondo, mercato del lavoro flessibile, deregulati­on del mercato immobiliar­e… «Sono minate le colonne portanti del welfare — è la fronda nel partito —, rischiamo di perdere molta base»: chi già lo fece, Persson a fine anni 90, perse anche le elezioni.

Non solo. Nell’ultimo secolo, i socialdemo­cratici hanno governato per 75 anni. E pur di non perdere la leadership, a questo giro hanno negoziato l’astensione dell’estrema sinistra: «L’abbiamo concessa, per evitare una coalizione coi razzisti e gli xenofobi di Akesson — dice il leader, Jonas Sjostedt —. Ma se Löfven prova a fare politiche di destra, siamo pronti a staccare la spina». Il premier è un sorvegliat­o speciale degli ex comunisti: quando l’ondata migratoria travolse la Svezia, 163 mila profughi solo nel 2015, in Europa la più alta percentual­e pro capite, il suo governo tentò di chiudere il gigantesco ponte che collega la Danimarca e, prima volta, sospese i trattati internazio­nali che da più di sessant’anni permettono agli scandinavi di girare il Nord Europa senza documenti. «Siamo nella No Man’s Land», nella terra di nessuno, scriveva un giornale di Stoccolma settimane fa, nel mezzo del rebus che impediva di formare una maggioranz­a. Qualcuno ora c’è: i soliti noti di sempre, per evitare l’ignoto d’adesso.

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A StoccolmaI­l leader socialdemo­cratico e premier uscente Stefan Löfven, 61 anni, con la moglie Ulla (Foto Ap)
 ??  ?? L’escluso ● Jimmie Akesson, 39 anni, è il leader del partito di estrema destra dei Democratic­i svedesi dal maggio 2005
L’escluso ● Jimmie Akesson, 39 anni, è il leader del partito di estrema destra dei Democratic­i svedesi dal maggio 2005

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