L’unione (salutare) di numeri e figure
Matematica e fisica giudiziosamente accoppiate. Sembra una buona mossa, che potrebbe avere due salutari conseguenze: far comprendere alle giovani generazioni che affrontano la maturità che la matematica non è solo una trama di idee svincolate dalla comprensione della realtà che ci circonda e ridurre quella «paura della fisica» che appare piuttosto diffusa tra gli studenti, e non solo nel nostro Paese. Più seriamente, è anche un modo per riconoscere come le grandi rivoluzioni scientifiche debbano molto a «figure e numeri»: senza nemmeno rammentare le intuizioni del pensiero greco — bastino i nomi di Pitagora e Platone — è sufficiente ricordare le parole di Galileo nel Saggiatore (1623) per cui matematico è il linguaggio che Dio ha usato nel compilare «il libro del mondo»; o l’audacia di Keplero che per descrivere i moti dei pianeti attorno al Sole descrisse «sezioni coniche» (le ellissi); fino alla sintesi operata da Newton di meccanica terrestre e celeste. Ma ogni riforma ha i suoi rischi. Per prima cosa, la matematica non si applica con successo nella sola fisica: le scienze della vita ne hanno sempre più bisogno, per non dire di discipline «umane», come mostra la teoria dei giochi e del comportamento economico creata nel Novecento da un matematico come von Neumann. Non si chiede, ovvio, che tutto questo finisca nei programmi scolastici, ma solo che si tenga presente che quell’accoppiamento sarà davvero giudizioso se insegnanti e studenti potranno addestrarsi a prospettive di questo tipo. Altrimenti si potrebbe finire in qualcosa di velleitario e confuso, di cui la scuola non ha necessità.
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