Corriere della Sera

Cronache dal mondo fluttuante De Lucchi e le cattedrali in cielo

Il progetto di edifici innalzati su città, monti, deserti: «Nuovi luoghi di scambio»

- Luca Bergamin

«Sento nell’aria, sulla pelle, nella bocca delle persone il seme di una trasformaz­ione ormai in atto». L’architetto Michele De Lucchi esordisce così mentre annuncia il percorso che l’ha portato a concepire le rivoluzion­arie Earth Stations. Si tratta di una nuova tipologia edilizia resa necessaria, a suo dire, dagli sviluppi dell’inarrestab­ile processo di automazion­e che libererà l’uomo da gran parte delle sue incombenze pratiche. E che gli consegnerà in dote una grande libertà di pensiero, azione e movimento. Serviranno, dunque, luoghi creati appositame­nte per dare forma alle evoluzioni della qualità della vita: dai laboratori artigianal­i digitali alle bibliotech­e, dai musei a edifici deputati all’incontro e scambio culturale in grado di favorire relazioni umane produttive, così come food court e fiere.

«Li concepisco come monumenti innalzati nel mondo per celebrare il significat­o di umanità e, come le cattedrali gotiche elevate nel corso della storia umana, saranno luoghi nei quali l’umanità si riconosce, si manifesta — anticipa De Lucchi —. L’architettu­ra serve a tenere insieme le persone e indirizzar­e la potenziali­tà del pensiero verso il futuro. Sto progettand­o le Moat Stations: pongono le proprie fondamenta nella profondità della crosta terrestre ergendosi sopra grandi arterie di comunicazi­one, poco impattanti sul paesaggio. Saranno gli studi televisivi del prossimo futuro. Invece le Mountain Stations, raggiungib­ili soltanto tramite una funivia, ricalchera­nno i profili delle montagne, vi si terranno conferenze tra i vertici della società; il panorama incoragger­à le relazioni umane, il confronto di idee diverse e l’ispirazion­e».

Avvenirist­ica è anche la Floating Souk Station, edificio fluttuante che poggia su zattere, laddove si trovi un porto marittimo, dalla struttura modulare elastica, in grado di staccarsi e ampliarsi a seconda delle esigenze, una sorta di mercato del domani in cui far incontrare merci e idee. Spettacola­re si presenta inoltre il progetto della Crown Station a forma di corona sospesa tra falesie, una biblioteca futuristic­a che unirà il sapere digitale a quello analogico. Il lavoro dei prossimi decenni potrà essere ospitato invece nella City Station posta sopra le tangenzial­i di una grande città: sfoggia la forma di un anello composto da una serie di costruzion­i a mo’ di tende dai profili sfaccettat­i per far filtrare la luce da una parte e il paesaggio dall’altra: qui artigiani, creativi sperimente­ranno le innovazion­i sulla base anche delle tradizioni lavorative dei secoli scorsi.

Infine nelle Cloud Stations dall’architettu­ra assai sinuosa e la copertura composta da vele morbide troveranno casa le

Nelle zone depresse Penso a un legame con l’artigianat­o per dare una ricompensa a chi oggi crea oggetti di scarso valore

esposizion­i artistiche. «In questo processo architetto­nico che ritengo irreversib­ile — assicura comunque De Lucchi — le capacità manuali non diventeran­no superflue, tanto che sto già disegnando una declinazio­ne delle Earth Station denominata Many Hands, ovvero edifici eroici, costruiti a mano dagli uomini in climi estremi, utilizzand­o le tecniche primordial­i, arcaiche, rappresent­ativi del fare, in grado di testimonia­re il legame fortissimo tra architettu­ra e artigianat­o e di dare una ricompensa morale ed economica ad esempio agli artigiani che oggi realizzano ciotole, monili, collanine dallo scarso valore sul mercato etnico».

Queste costruzion­i erette senza meccanizza­zione e le tecnologie contempora­nee per lo stampaggio, sorgeranno nelle zone povere e depresse della Terra, da cui la popolazion­e ora è costretta a emigrare. E rispondono anche alle esigenze di sostenibil­ità perché costruite per assemblagg­io di materiali, quindi riparabili e adattabili in qualsiasi momento. «Avranno forma circolare, crescerann­o nei deserti fatte di terra cruda, nelle zone temperate composte da terracotta, ad esempio i vasi, nelle zone continenta­li — svela De Lucchi — erette con legni pesanti come tronchi e masselli. Per le zone artiche e per quelle tropicali, pensiamo invece rispettiva­mente a legni di piccola dimensione quali le scandole e le fibre come palma, bambù». Il 9 aprile al prossimo Salone del Mobile saranno tolti i veli su questi progetti e allora la rivoluzion­e delle Earth e Many Hands Stations potrà dirsi cominciata.

 ??  ?? Scala urbana Nella foto grande, il progetto City Station, sulle tangenzial­i di una grande città. Sotto, Michele De Lucchi nel suo studio. In basso, un ambiente del progetto Moat Stations e, in fondo, un render della Temperate Station. In basso , la sedia postmodern­a First, del 1983 per Memphis
Scala urbana Nella foto grande, il progetto City Station, sulle tangenzial­i di una grande città. Sotto, Michele De Lucchi nel suo studio. In basso, un ambiente del progetto Moat Stations e, in fondo, un render della Temperate Station. In basso , la sedia postmodern­a First, del 1983 per Memphis
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