Palazzo dei Diamanti, il ministro boccia l’ampliamento
L’ampliamento di Palazzo dei Diamanti non si farà, è ufficiale. Finisce così la disfida di Ferrara che ha visto da una parte il Comune favorevole all’ipotesi e dall’altra parte un fronte ampio e trasversale, che fa a capo ai fratelli Vittorio ed Elisabetta Sgarbi, contrario.
Il ministero per i Beni e le Attività culturali, di cui è titolare Alberto Bonisoli, ha messo nero su bianco le disposizioni in merito al «progetto per l’ampliamento delle Gallerie di Arte moderna di Palazzo dei Diamanti». Nello specifico il ministero, per mano del direttore generale Gino Famiglietti, ha disposto che la soprintendenza «esprima parere negativo (...) per la parte del progetto presentato che inerisca alla realizzazione di nuovi volumi», quest’ ultimi ritenuti «non compatibili con le esigenze di tutela del complesso». Riguardo la necessità di nuovi spazi per esigenze espositive, che era all’origine dell’ipotesi di ampliamento, l’atto del ministero suggerisce «il restauro e la riutilizzazione di edifici di proprietà comunale o altri enti pubblici» posti nelle vicinanze del Palazzo stesso.
Ferrara, città patrimonio mondiale dell’unesco, mette la parola fine a una vicenda iniziata nel 2017, con la pubblicazione da parte del Comune di un bando di gara (valore 3,5 milioni di euro); proseguita nel 2018 con la presentazione del progetto vincitore (firmato da 3TI progetti, studio Labics, Elisabetta Fabbri e società Vitruvio) che prevede, tra l’altro, «un nuovo edificio, che si estende su 660 metri quadri»; e contro i quali, bando e progetto, subito si era pronunciata Italia Nostra e poi si è mobilitata la Fondazione Cavallini Sgarbi che ha presentato un appello al ministro Bonisoli per «impedire lo scempio» del Palazzo. L’edificio, capolavoro del Rinascimento progettato da Biagio Rossetti, deve il nome alla forma a diamante dei blocchi di marmo della lavorazione muraria delle facciate.
Le sorti del Palazzo sono state al centro di un articolo di Gian Antonio Stella sul «Corriere della Sera» del 9 gennaio che ha rilanciato l’appello dei fratelli Sgarbi: il documento ha avuto oltre 32 mila firme ed è stato sottoscritto da 250 fra architetti, intellettuali, musicisti, registi, scrittori, italiani e stranieri. Sulla questione erano poi intervenuti il sindaco Tiziano Tagliani e Vittorio Sgarbi rispettivamente sul «Corriere» dell’11 e del 12 gennaio.
«In questa vicenda non ha vinto Sgarbi, ma la legge» ha osservato il critico, ieri anche protagonista di un confronto a Roma con gli architetti del progetto vincitore. «L’errore è della politica, perché il bando parlava di “ampliamento”. Diverso sarebbe stato parlare di “servizi aggiuntivi”, “architetture rimovibili” e strutture in materiali come il legno».
L’atto del ministero chiude una querelle la cui valenza va oltre i confini di Ferrara e nelle intenzioni del ministro darà le linee di indirizzo alle soprintendenze.