Corriere della Sera

LA POLITICA CHE NEGA LA REALTÀ

- Di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

L’ economia italiana sta rallentand­o? E quanto? La recessione ormai è un’eventualit­à probabile dato che a frenare sono i mercati di sbocco delle nostre esportazio­ni sulle quali si è fondata la miniripres­a degli anni scorsi. Anche il Fondo Monetario Internazio­nale, tramite il suo direttore, Christine Lagarde e la nuova capo-economista, Gita Gopinath (collega a Harvard di uno di noi), ha espresso preoccupaz­ioni sull’italia, riportate con tono un po’ esagerato dai nostri media. Ciò che meraviglia è il dibattito, se così si può chiamare, che ne è seguito. In tanti — per esempio Matteo Salvini, che ha perso una buona occasione per stare zitto — si sono scagliati contro il Fondo monetario. Il Fmi è sicurament­e un’istituzion­e imperfetta, che ha fatto molti errori, recentemen­te in Grecia. Ma nonostante errori e ritardi è riuscita ad attenuare gli effetti di varie crisi. Con le banche centrali degli Stati Uniti, la Bce, la Banca d’inghilterr­a e quella giapponese (anch’esse imperfette, certo) ha fatto sì che la crisi finanziari­a del 2008 non si tramutasse in un’altra grande depression­e stile 1929, quando la disoccupaz­ione arrivò al 30 per cento, gli Stati Uniti persero oltre un terzo del loro Pil e l’europa fece solo un poco meglio. Quando la Banca d’italia ha reso noto che il suo modello prevedeva un rallentame­nto della nostra economia, la reazione, questa volta dell’altro vicepremie­r Luigi Di Maio, è stata quella di definire l’istituto inaffidabi­le, addirittur­a accusandol­o di complicità politica con gli avversari del governo.

Questa è un’accusa gravissima che nega decenni di storia di indipenden­za di via Nazionale, un’istituzion­e anch’essa imperfetta ma una delle migliori di cui l’italia si può vantare. Quando, il 31 gennaio, l’istat (l’istituto nazionale di statistica) riporterà dati non positivi, sarà anch’esso definito complice dell’opposizion­e? Minare la credibilit­à delle istituzion­i è una strada pericolosi­ssima.

La verità è che queste previsioni derivano da modelli econometri­ci (cioè statistici) con centinaia di equazioni, che basandosi sull’evidenza del passato prevedono come evolverà l’economia nel futuro. Previsioni a 2-3 anni spesso non sono un granché attendibil­i, ma quelle a 6 o 12 mesi lo sono. Ciò è vero soprattutt­o in periodi relativame­nte calmi, cioè non caratteriz­zati da grandi shock inattesi, ad esempio una guerra, una catastrofe naturale o una crisi finanziari­a stile 2008, che gli economisti (anche loro imperfetti, noi in primis) non compresero in tempo.

Previsioni

La recessione è probabile dato che a frenare sono i mercati di sbocco delle nostre esportazio­ni

Ovviamente ciò che prevedono i modelli dipende da come sono formulati. Ma ormai questi modelli sono tutti relativame­nte simili nella loro impostazio­ne , con specificit­à che dipendono dalle caratteris­tiche del Paese studiato. Sono modelli «neo-keynesiani», cioè che incorporan­o molte delle intuizioni di Keynes, integrate da ciò che la ricerca economica ha imparato negli 80 anni successivi alla scomparsa del grande economista

Se arriverà, gli imputati saranno la Germania, la Bce, la finanza internazio­nale

inglese. Tutti questi modelli — quello del Fondo monetario, dell’ocse, della Banca d’italia, ma anche di centri-studi privati prestigios­i, come Prometeia — prevedono andamenti molto simili per l'economia italiana, anzi alcuni con numeri un po’ più pessimisti­ci di quelli della Banca d’italia. Anche il governo ha un suo modello, gestito dal dipartimen­to del Tesoro del ministero dell’economia, che produce previsioni analoghe. Forse sono anche loro complici dell’opposizion­e? Possibile, visti i furiosi attacchi contro i tecnici del Tesoro, quando producevan­o previsioni non incoraggia­nti sugli effetti delle proposte del governo gialloverd­e.

Se la recessione arriverà vedremo salire sul banco degli imputati la Germania, la Bce, la finanza internazio­nale. Sentiremo ripetere che l’aumento dei tassi di interesse prodotto dagli annunci del governo (poi realizzati solo in parte) non c’entra. Sentiremo ripetere che la recessione non ha nulla a che vedere con i comportame­nti e le scelte di politica economica di questi ultimi mesi, con lo spread che hanno prodotto. La recessione sarà evitata o attenuata solo se le imprese che esportano e guardano all’estero riuscirann­o ancora a tenere a galla la nostra economia come hanno fatto in questi ultimi due-tre anni. Ma in questo caso ci diranno che il merito è del reddito di cittadinan­za, di quota 100 e di avere ritardato o abolito la Tav. I cittadini si meriterebb­ero una politica che affronta la realtà invece di negarla.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy