Corriere della Sera

La lunga storia dei Patti Lateranens­i Chiesa e Stato allo stesso tavolo

A 90 anni dall’accordo, esce dopodomani per Mondadori un volume di Giancarlo Mazzuca

- di Gian Guido Vecchi

Roma, 24 novembre 1848, notte. L’uomo «vestito di nero, con occhiali neri e cappello da prete» che esce di nascosto da una porticina segreta del Quirinale è Pio IX, l’ultimo papa re. «In carrozza, si diresse verso il Colosseo dove l’attendeva il conte Spaur, il diplomatic­o bavarese che, assieme al suo collega francese duca d’harcourt, sollecitav­a il papa a lasciare Roma per rifugiarsi in una città più sicura, Gaeta, in mezzo ai Borboni del Regno di Napoli. Sulla sua fuga, ci furono anche alcuni antipatici pettegolez­zi perché, sulla carrozza del vicario di Cristo, era salita pure la contessa Teresa Giraud, vedova Dodwel e moglie dello stesso Spaur, una donna moralmente un po’ discussa: cherchez la femme!». La grande storia è fatta anche di dettagli, voci, immagini che illuminano le grandi svolte. L’assassinio di Pellegrino Rossi, ministro degli Interni dello stato pontificio accoltella­to il 15 novembre 1848 sulle scale del Palazzo della Cancelleri­a, rappresent­ò «l’inizio della fine del potere temporale dei papi». I moti popolari e la fuga un po’ grottesca di Giovanni Maria Mastai Ferretti furono le premesse della breve Repubblica romana del 1849, a sua volta il segnale che nulla sarebbe stato come prima.

Il grande merito di Quei Patti benedetti, il libro che Giancarlo Mazzuca ha dedicato all’accordo siglato l’11 febbraio 1929 nel Palazzo del Laterano, è mostrare come l’evento di cui si celebra il novantesim­o abbia in realtà una storia che risale, oltre Porta Pia, a 170 anni fa. E raccontarl­a d’un fiato, quella storia, con la chiarezza e la sintesi del grande giornalist­a, in poco più di centocinqu­anta pagine che sarebbero piaciute al suo amico Indro Montanelli. Di cosa si parla, anzitutto. I Patti Lateranens­i — sottoscrit­ti dal cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato di Pio XI, e da Benito Mussolini — erano divisi in tre parti: «Il Trattato vero e proprio (che istituiva la Città del Vaticano, una enclave in mezzo a Roma che prevedeva l’extraterri­torialità delle basiliche di San Pietro e di San Giovanni in Laterano), il Concordato (che regolava i rapporti tra la Santa Sede e l’italia), e l’accordo finanziari­o (che stabiliva un indennizzo a favore della Chiesa in seguito alla rinuncia a qualsiasi rivendicaz­ione sullo Stato Pontificio)». Il cardinale biblista Gianfranco Ravasi, nella postfazion­e, fa notare come la celebre frase di Gesù riportata da Marco, Matteo e Luca (Tá Káisaros apódote Káisari kai ta Theoú Theó, «rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio») fosse un manifesto di laicità osteggiato nella storia sia dal «fondamenta­lismo teocratico» sia dal «laicismo» che ne elide la seconda parte, il «date a Dio». Il rapporto tra religione e politica, come ogni accordo tra Chiesa e Stati, è sempre stato una faccenda complessa. Non per nulla c’erano voluti decenni per arrivare a suturare la ferita di Porta Pia. Prima e dopo il 20 settembre 1870, a prevalere è stato il muro contro muro. Quando Pio IX morì, il 7 febbraio 1878, non si tennero funerali solenni «anche per evitare incidenti». La sua salma, racconta Mazzuca, «fu traslata in San Lorenzo al Verano — una delle ultime volontà del pontefice — solo tre anni e mezzo dopo la sua scomparsa, ma il corteo venne ugualmente preso d’assalto da alcuni irriducibi­li che, al grido di “Al fiume il papa porco!”, volevano gettare il feretro nel Tevere».

Dai moti risorgimen­tali a Giolitti, dalla prima alla seconda guerra mondiale, il racconto percorre i pontificat­i di Leone XIII, Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII e l’alternarsi di avviciname­nti e frenate, trattative e gelo, irriducibi­li e pontieri, successi e disillusio­ni. Come ha scritto De Felice, ricorda Mazzuca, con i Patti Lateranens­i il duce conseguì «il più vero e importante successo della sua carriera politica». Pio XI arrivò a definirlo «un uomo che la Provvidenz­a ci ha fatto incontrare». Di lì a poco iniziò a cambiare idea. Anche le fortune del duce non erano destinate a durare. Dalla «proroga indolore» decisa dalla Costituent­e alla «revisione» del Concordato nell’84 — con le firme di Bettino Craxi e del cardinale Agostino Casaroli — a durare sono stati i Patti, piuttosto. Quale sarà il loro futuro, il futuro dei rapporti tra Stato e Chiesa? L’autore conclude con il passo di una lettera ricevuta nel 2018 da Papa Francesco: «Nessuno di noi ha la sfera di cristallo per sapere come andranno le cose. Ma è certo che “davanti a noi stanno l’acqua e il fuoco” — come direbbe Siracide 15,16 — e spetta a noi continuame­nte scegliere “dove tendere la mano”».

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Il cardinale Gasparri e Mussolini firmano i Patti Lateranens­i, l’11 febbraio 1929

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