Corriere della Sera

Genova, udienza rinviata per un nuovo traduttore È iniziata la demolizion­e

La perizia svizzera sul ponte: «Corrosione e degrado avanzato»

- DAL NOSTRO INVIATO (Ansa) Andrea Pasqualett­o apasqualet­to@corriere.it

Le tappe

● 14 agosto: il ponte Morandi crolla alle 11.36, muoiono 43 persone

● 7 settembre: l’architetto Renzo Piano presenta il suo progetto del nuovo viadotto

● 4 ottobre, Marco Bucci, sindaco di Genova, viene nominato commissari­o per la ricostruzi­one

● 18 dicembre: viene scelto il progetto di Piano, i lavori sono affidati a Salini, Italferr, Impregilo e Fincantier­i

Sotto il moncone del ponte Morandi, fra centinaia di cittadini, ingegneri e operai con il naso all’insù, ieri le autorità parlavano dei tempi rapidi della ricostruzi­one. «Il nuovo ponte sarà in piedi entro fine anno... Con la demolizion­e inizia il riscatto per Genova, per la Liguria, per l’italia», diceva il premier Giuseppe Conte mentre un pezzo di viadotto smontato scendeva lentamente. «All’inizio dell’anno prossimo potrà essere finalmente collaudato e riaperto», prevedeva con entusiasmo il ministro delle Infrastrut­ture Danilo Toninelli. «Andiamo a un’altra velocità», gongolava poco più in là il suo vice Edoardo Rixi. E mentre si celebrava la partenza della demolizion­e annunciand­o la ricostruzi­one più veloce della storia, dall’altra parte della città, in un’aula gremita di avvocati e periti, succedeva che il processo per il disastro del 14 agosto, o meglio, l’incidente probatorio che ne anticipa la parte riguardant­e le prove da scovare sui monconi, subisse una brusca frenata.

«Traduzione da rifare, tutto I lavori

I mezzi iniziano lo smantellam­ento del moncone Ovest del Ponte Morandi a Genova rinviato al 15 febbraio per la nomina di un traduttore», decideva il gip Angela Nutini di fronte al deposito da parte dei periti, da lei stessa nominati, del report tradotto in italiano degli esperti di Zurigo sui 17 reperti del ponte Morandi, fra i quali la cosiddetta prova regina, cioè la parte terminale di uno strallo la cui rottura era fortemente indiziata di essere la causa prima del disastro. Kafkiano. Il documento, molto tecnico, era stato consegnato due mesi fa in tedesco, facendo grattare la testa a tutti quelli che l’avevano ricevuto. Dopo due mesi, la versione consegnata ieri dai periti conclude così: «Tutti i trefoli (fasci di sette fili, ndr) e i fili mostrano segni di corrosione di diversi gradi. Diversi trefoli mostrano una perdita totale della sezione trasversal­e dovuta alla corrosione della zona terminale. Ciò indica un processo di degrado in atto da molto tempo...». «Prova di flessione a mano dei fili: il campione si è rotto improvvisa­mente...». «L’indebolime­nto dei singoli fili non è stato causato solo dalla riduzione della sezione trasversal­e ma anche da altri meccanismi di danno...». Eccetera eccetera, senza mai esprimere giudizi e senza dire cos’è presumibil­mente successo il giorno del crollo. Comunque sia, questa traduzione è stata annullata dal giudice. Perché i periti del gip, nel redigerla, si sarebbero confrontat­i solo con i consulenti dell’accusa, estromette­ndo quelli della difesa. A ben vedere, un cavillo, per il quale però i tempi si allungano.

Ora, visto che i due processi, quello di ricostruzi­one e quello giudiziari­o, non corrono su binari totalmente separati, ma, anzi, in parte sono strettamen­te connessi, perché la demolizion­e deve comunque fare i conti con le prove da raccoglier­e sui monconi da parte dei pm, se si allungano i tempi del secondo si devono allungare necessaria­mente anche quelli del primo. E allora quel cronoprogr­amma calendariz­zato da demolitori e costruttor­i che vuole il taglio del nastro nei primi mesi del 2020, non sembra solidissim­o. Tra l’altro, gli esperti del gip hanno chiesto altri due mesi per trarre le loro conclusion­i. Alle lungaggini dell’incidente probatorio si devono poi aggiungere i i rischi legati ad altri procedimen­ti, come quello promosso da Autostrade davanti al Tar per essere stata esclusa dalla ricostruzi­one. Anche qui, altra battaglia, altre incertezze. Insomma, «la demolizion­e slitterà e non per colpa delle imprese», prevede un inquirente.

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