PERCHÉ IN AFGHANISTAN NON È ANCORA FINITA
Caro Aldo, talebani e americani stanno trattando l’uscita degli Stati Uniti dall’afghanistan. Ciò significa vittoria dei talebani e sconfitta della democrazia. Vale la pena di ricordare che i talebani non consentono alle donne di studiare, di lavorare, di guidare e di uscire di casa da sole. A causa di queste assurde proibizioni, «talebano» è diventato sinonimo di ottuso fondamentalismo religioso. La nostra ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, ha dichiarato trionfante: «Sull’afghanistan decido io» e ha annunciato il ritiro dei nostri soldati. Forse non si può fare altro che imitare gli Usa. Ma, per favore, non presentiamo il ritiro come una vittoria. I vincitori sono i talebani e le sconfitte le donne.
Sarei più prudente nel considerare chiusa la guerra in Afghanistan. Donald Trump non ha nascosto fin dall’inizio della sua presidenza l’intenzione di ritirare le truppe americane. Si è scontrato con i tre generali che aveva portato dentro l’amministrazione – Kelly, Mcmaster, Mattis – e li ha fatti fuori tutti e tre. Tuttavia un ritiro improvviso degli americani sarebbe un tracollo tale che lo stesso Trump non potrebbe permetterselo. Un conto è l’istinto del sovranista, un altro è il calcolo di costi e benefici cui neppure un presidente imprevedibile può sottrarsi. Non a caso il Senato repubblicano ha votato contro il ritiro.
Dal Vietnam – un’altra guerra che non potevano vincere, quindi di fatto erano condannati a perdere — gli americani si ritirarono solo quando l’apertura del dialogo con Pechino, e la spaccatura nel mondo comunista, rendevano vano il sacrificio per salvare il Vietnam del Sud. Ciononostante le immagini dell’elicottero in fuga dall’ambasciata americana a Saigon e la tragedia dei boat-people restano come una macchia nella coscienza nazionale. Trump non può permettersi qualcosa del genere. Il ritiro dall’afghanistan – cui ovviamente non potranno che associarsi le truppe italiane – può avvenire solo in un contesto di stabilizzazione della regione, che passa attraverso un patto rinnovato con il Pakistan, la cui ambiguità ha giocato un ruolo nell’impasse occidentale. Una cosa è certa: la strategia dei neoconservatori, al potere negli otto anni di Bush, è fallita miseramente; ora alla Casa Bianca c’è un partito repubblicano del tutto diverso.