«Domeniche, 40 mila posti a rischio Di Maio ci convochi sulle chiusure»
Moretti: per i 1.200 centri commerciali italiani 12 festività obbligatorie sono troppe
MILANO «Eh no, non ci stiamo a fare la parte dei brutti e cattivi. I centri commerciali italiani svolgono un ruolo importante di presidio del territorio. Da noi gli anziani vengono a passare il pomeriggio, i giovani a lavorare con il wi-fi gratuito. Tanti escono senza aver comprato nulla. E che dire dei posti di lavoro? Sono 553 mila i nostri dipendenti diretti. Stimiamo che con il disegno di legge oggi in discussione in commissione alla Camera i posti a rischio sarebbero 40 mila».
Difficile interrompere Massimo Moretti, presidente del Consiglio nazionale centri commerciali, associazione che raggruppa 1.200 centri commerciali italiani. «Scusi, mi sono fatto prendere la mano, ma sa, per noi questa normativa che dimezza il numero delle domeniche e introduce 12 festività a chiusura obbligatoria può diventare un problema serio», spiega Moretti.
Resta il fatto che da oltre sette anni il Paese fa i conti con le proteste ricorrenti di commesse e commessi. Un problema esiste. O no? «Se un problema esiste la soluzione non è certo costringere tutti ad abbassare le saracinesche. Il governo può convocare un tavolo come ha fatto per esempio per i ciclo fattorini», risponde Moretti. E i potenziali esuberi, non saranno sovrastimati? Anche Federdistribuzione parla di 40 mila posti a rischio... «I conti sono facili da fare — va al punto Moretti —. Chiudendo un giorno su sette, un settimo dei 553 dipendenti attuali non serve più. Certo, non si tratta solo di contratti a tempo pieno. Ci sono anche part time e contratti week end. Parliamo comunque di una crisi che vale quattro volte quella dell’ilva. È chiaro, poi, che tra i nostri 40 mila ci sono anche dipendenti della grande distribuzione. Ma non tutti, sia chiaro. Super e ipermercati sono il perno dei centri commerciali ma intorno ci sono tanti piccoli negozi a gestione familiare».
Il secondo problema intercettato dal disegno di legge giallo-verde sulle aperture dei negozi è quello dei centri sto- rici. Che mostrano sempre più negozi con le saracinesche abbassate, complice la concorrenza dei centri commerciali. «Vogliamo lasciare libertà di apertura nei centri storici per far tornare il commercio nel cuore delle città», ha spiegato la ratio del testo il relatore Andrea Dara, Lega.
«Giusto cercare di rilanciare i centri cittadini ma credo gli strumenti siano altri — risponde Moretti —. Primo: in centro parcheggiare è difficile. Secondo: i costi degli affitti sono troppo alti. Terzo: non ci sono le metrature adeguate. Da noi vengono famiglie che fanno la spesa e poi si fermano a mangiare qualcosa spendendo 40 euro in quattro. In centro non sarebbe possibile». «Alla fine sa come andrà a finire?», chiede Moretti, che in realtà ha già la risposta pronta: «I centri storici non avranno vantaggi e gli unici a guadagnarci saranno i colossi dell’e-commerce. Perché il divieto alle consegne di domenica scritto nel disegno di legge non serve a nulla. Già oggi Amazon non consegna nei festivi per non avere un aggravio dei costi».