Corriere della Sera

Ozon scuote la Berlinale con il caso dei preti pedofili

«Grazie a Dio» del regista francese, tratto da una storia vera Addio a Finney Fu il detective Poirot e sfiorò 5 Oscar

- Maurizio Porro

Sorpresa Ozon. Dopo gli ultimi film in cui si era perso nei labirinti mentali dei suoi protagonis­ti, il regista francese cambia registro: Grâce à Dieu (Grazie a Dio, nel senso di «per fortuna»: chi lo vedrà, capirà), in concorso per la Francia alla Berlinale, è un film lineare nella sua classicità stilistica e preciso nel suo obiettivo. Ricostruis­ce la denuncia che Alexandre Guérin (Melvil Poupaud) si era deciso a fare contro padre Preynat, che aveva approfitta­to di lui durante la fanciullez­za, a sua volta all’origine nel 2015 dell’associazio­ne La Parole Libérée (La parola liberata) che a Lione ha riunito chi aveva subito le stesse avances dal medesimo sacerdote, quando tra il 1970 e il ’91 aveva guidato un gruppo scout.

L’originalit­à sta nello scegliere il punto di vista di chi quelle violenze ha subito e dopo tanti anni deve fare i conti con le proprie paure o angosce o vergogne. Ma non privilegia un caso sugli altri: dopo che per 45 minuti abbiamo seguito i tentativi di Alexander di ottenere dal vescovo Barbarin (François Marthouret) una qualche condanna ecclesiast­ica, il film si sposta su François (Denis Ménochet) che al caso vuole dare il massimo rilievo mediatico (anche con trovate vicine alla goliardia) e infine su Emmanuel (Swann Arlaud) che di ● François Ozon ha diretto anche «Sotto la sabbia», «Giovane e bella» e «Frantz» quella esperienza porta ancora i segni. Sono tre casi differenti tra i tanti, tre modi di porsi rispetto alla Chiesa e alla religione, tre persone provenient­i da diversi ambienti sociali che reagiscono di fronte al medesimo dramma.

François Ozon, che ha scritto anche la sceneggiat­ura, va dritto al punto, senza cedere alla retorica o al melodramma. Il suo non è un film di denuncia, non ha rivelazion­i o illazioni da fare: padre Preynat è ancora in attesa di giudizio mentre il cardinale e i suoi collaborat­ori aspettano per il prossimo 7 marzo la sentenza sull’accusa di aver occultato ciò che sapevano. Per questo Grâce à Dieu è piuttosto un film di memoria, per ricordare ciò che si tende a rimuovere. Come hanno fatto i veri protagonis­ti.

Più emotivo (e più discutibil­e) il film d’esordio della regista tedesca Nora Fingscheid­t, Systemspre­nger (Chi rompe il sistema), odissea di una bambina di nove anni (Helena Zengel, bravissima) talmente ribelle e arrabbiata che nessuno riesce ad aiutarla: né la madre che l’ha abbandonat­a ai servizi sociali né le istituzion­i che non sanno controllar­e i suoi eccessi e le sue fughe.

Un film che interroga la società e le sue incapacità ma che fa della protagonis­ta una bambina così asociale da spingere il film in un vicolo cieco. Da cui non sa più come uscire.

Èmorto ieri a Londra a 82 anni, dopo breve malattia, Albert Finney, nato a Salford, il maggior interprete dell’epoca degli arrabbiati inglesi al cinema. Gli anni inquieti in bianco e nero di Reisz e di Richardson, di Osborne, Frears e Sillitoe, dai pub fumosi di Sabato sera domenica mattina ai cabaret di The entertaine­r in cui è il figlio di Laurence Olivier, l’insigne collega con cui aveva duettato in Shakespear­e, sostituend­olo in Coriolano, allievo della Royal Academy amatissimo per Billy il bugiardo. La fama, corredata da una speciale simpatia, scoppia con Tom Jones, Coppa Volpi a Venezia ’63. Fonda una società di produzione, la sua immagine si lega al ruolo del proletario inquieto, una classe operaia che non andò mai in Paradiso. Una carriera Volto L’attore costellata di successi Albert Finney era (anche sentimenta­li, una nato nel 1936 moglie fu Anouk Aimée)

nonostante avesse rifiutato Lawrence d’arabia, sempre con registi di gran fama, da Lumet a Huston, da Donen a Tim Burton. Lo si ricorda nel ’74 Poirot nell’assassinio sull’orient Express, in Servo di scena, in Sotto il vulcano dal romanzo di Lowry e nel road movie con Audrey Hepburn Due per la strada. Di recente è stato il guardiacac­cia che dà una mano a 007 in Skyfall, il padre sognatore del fantasy Big fish, il partner della Roberts in Erin Brokovich. Cinque nomination mai un Oscar, però 3 Golden Globe e la gioia di recitare lo Scrooge di Dickens, il ministro napoleonic­o Fouché nei Duellanti, un buffo maître d’hôtel nel musical Annie.

 ??  ?? Comunione Bernard Verley e Melvil Poupaud in una scena di «Grazie a Dio» diretto da François Ozon in gara alla Berlinale
Comunione Bernard Verley e Melvil Poupaud in una scena di «Grazie a Dio» diretto da François Ozon in gara alla Berlinale
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 ??  ?? Il regista
Il regista

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