Provaci ancora Paris
Dopo l’oro nel superg torna Domme «Come si affronta una prova così? Come tutte le altre»
Dominik Paris va alla ricerca delle orme di Zeno Colò, Gustavo Thoeni e Alberto Tomba, Christof Innerhofer va a caccia e basta. Per prendere a schioppettate un destino che comincia troppo spesso a proporgli medaglie di legno, tipo quella di mercoledì scorso. Appuntamento sul pendio della discesa, dove gli atleti imboccano un’uscita di rimedio ben prima dello schuss conclusivo. Oggi va così. Della libera si deve parlare abbarbicati sulla pista, dal momento che il maltempo, non cattivo ma strisciante nel segno della neve e della nebbia, ha rovinato pure l’ultima prova: prima la partenza è stata abbassata al superg, quindi è stato cassato il salto finale che conduce al parterre. Qualcosa di rabberciato, insomma, e sarà questo il leitmotiv nel quale Domme e Christof cercheranno le note giuste, rispettivamente per il bis del superg e per ritrovare il podio: non essendo mai stato possibile provare dall’alto in questi giorni, si assisterà a quella che Domme definisce «una mini-discesa, un po’ troppo corta ma anche non facile».
Quasi sicuramente, poi, nevicherà ed è già pronto un piano B se tutto si complicherà: la libera degli uomini slitterà a domani, nello stesso giorno di quella femminile. Il meteo ballerino di Aare va aggredito in ogni modo. «L’importante è che ci siano condizioni uguali per tutti» taglia corto Inner, che pare aver trovato la neve che preferisce e il giusto umore: «Saremo tutti vicini, ci saranno meno chance di fare la differenza: quando il tracciato è ridotto, occorre osare di più».
Dominik arriva, frena alzando una nuvola di neve. La storia lo chiama: può essere il primo azzurro a vincere il titolo mondiale della discesa dopo Zeno Colò (1950 e 1952) e il quarto tra gli uomini italiani a centrare una doppietta iridata. Tomba fu l’ultimo nel 1996 (gigante e slalom), prima di lui ce l’aveva fatta Gustavo Thoeni per ben due volte: la prima ai Giochi di Sapporo 1972 — la combinata valeva solo per il Mondiale e Gustavo la fece sua assieme al gigante, che invece dava la doppia incoronazione —, la seconda nel 1974 a St. Moritz.
Ripassare la storia — immaginiamo — interesserà relativamente Domme. Nel pragmatismo della vigilia di Paris ci sono semmai concetti semplici («Con la pista corta lotteremo sul filo dei centesimi: sarà difficile essere veloci e l’errore costerà caro»), frasi minimaliste («Come si affronta una prova così? Allo stesso modo delle altre») e scenari appena abbozzati: «Ho testato il limite, spero di ripetermi in gara».
La mini-prova gli ha assegnato il miglior tempo. Male non fa, però conta e non conta. Piuttosto, i tagli del tracciato non hanno intaccato la sezione centrale, dove in superg aveva imposto il suo marchio: «È la zona che preferisco, tecnica e difficile. Attaccherò e si vedrà. L’importante sarà dare il massimo, saremo almeno in dieci a puntare al successo».
Sarà il momento dei saluti di Aksel Lund Svindal, uno dei più grandi sciatori dei tempi recenti. Arriveranno pure il principe ereditario di Norvegia e sua moglie a celebrare un’icona del Paese. «Be’, conto di battere Aksel
Mondiali sci Oggi la libera maschile su una pista ridotta per il cattivo tempo
Lund e tutti gli altri» ridacchia sornione Domme.
Intanto Svindal ha speso un pensiero per Lindsey Vonn, a sua volta al passo d’addio. «La Federazione mondiale ha commesso un grave errore a non permetterle di sfidare gli uomini: sarebbe stata un’operazione di marketing pazzesca per lo sci». Probabilmente occorrono visioni ben diverse da quelle dei parrucconi federali. Un guizzo, per dire, come quello che proprio Lindsey ha avuto: ha insistito fino a convincere Ingemar Stenmark — colui al quale non potrà più levare il record di vittorie nella Coppa del Mondo — a presenziare alla sua ultima gara. Grande idea.