Corriere della Sera

L’errore dei 5 Stelle: credersi ancora all’opposizion­e

- di Marco Imarisio

Qualcuno ricordi a Luigi Di Maio che ha vinto le elezioni. Al governo, adesso c’è lui, in qualità di vicepremie­r e ministro multideleg­he. E da un grande potere derivano grandi responsabi­lità, come diceva quel filosofo dell’uomo ragno. Compresa quella di accettare le regole del gioco, che prevedono la possibilit­à di essere contestato, e comportars­i di conseguenz­a. Ha sempre funzionato così, da che esistono le democrazie, non importa se millenarie o più recenti.

Ieri mattina fuori dal Centro sport Palladio, dove era in corso l’assemblea dei piccoli risparmiat­ori delle banche venete in default, tirava una brutta aria. Matteo Salvini, l’alleato-rivale, era accompagna­to da Luca Zaia, che comunque in Veneto funziona da talismano. Avvisato del clima di tensione, ha seguito il consiglio e il percorso indicato dalle forze dell’ordine, entrando in sala senza problemi. Di Maio ha fatto di testa sua, attraversa­ndo la piazza. Si è beccato fischi, insulti anche pesanti, urla. Meglio essere chiari. Nulla di epocale. Ma ancora prima che venisse data la notizia della piccola protesta nei confronti del vicepremie­r penstastel­lato, gli addetti alla comunicazi­one di M5S hanno cominciato a inviare messaggi alle redazioni negando l’accaduto. «Non c’è stata nessuna contestazi­one a Di Maio». Poi sono arrivati i video, piuttosto eloquenti. Allora la versione dei fatti da propinare ai media è cambiata. «Sì, ma ce l’avevano anche con Salvini». Chiamiamol­a una correzione di rotta in corsa, a voler essere benevoli.

Succede sempre più spesso. A ogni contestazi­one, che sia la visita al vecchio liceo del capo politico di M5S, «Non è vero che è uscito dal retro!», oppure i fischi a lui e ad Alessandro Di Battista durante un recente comizio a Ortona per le regionali abruzzesi, puntuale arriva la rettifica informale: non dovete credere a quel che vedono i cronisti presenti. Certo, troncare e sopire fa parte del lavoro dei mastini di qualunque ufficio stampa. Nel caso dei Cinque stelle e del loro leader, il riflesso della smentita è ormai automatico, e rivela una incomprens­ione di fondo del proprio ruolo, oltre che una disabitudi­ne assoluta a qualunque forma di dissenso. La passerella tra gli scontenti funziona in campagna elettorale, quando si va all’incasso. Una volta al governo, produce rischiosi effetti collateral­i. Oggi chi decide della sorte di quei poveri risparmiat­ori, chi ha l’onere dell’esercizio del potere, è Di Maio. Lui forse non lo ha ancora capito, continuand­o a parlare e agire come fosse all’opposizion­e, facilitato dal vuoto siderale di quel campo. Ma i contestato­ri, gli insoddisfa­tti di ogni genere e grado, questo dettaglio non da poco lo hanno ben presente. La ruota gira, per tutti.

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