Corriere della Sera

La donna che scuote l’iran rompendo il divieto di canto

Artista pop le cede il microfono. E viene punito dal governo

- @viviana_mazza di Viviana Mazza

«La voce delle donne non dovrebbe essere sentita da uomini estranei», dichiarò l’ayatollah Ruhollah Khomeini dopo la Rivoluzion­e Islamica del 1979. Troppo sensuale: li avrebbe corrotti. Ma nel tempo le cose sono cambiate. L’ayatollah all’inizio bandì del tutto la musica dalle radio e dalle television­i iraniane, paragonand­ola all’oppio: «Instupidis­ce chi la ascolta e rende inattivi e frivoli». Poi, negli anni successivi, allentò alcuni divieti, facendo eccezione per gli inni patriottic­i e religiosi. Dopo la sua morte, nel 1989, a Teheran sono tornati i concerti. E ora che sono passati quarant’anni, gli artisti iraniani non hanno smesso di spingere, per ampliare le libertà sociali. Però, una voce femminile che si leva da sola (non in coro) è ancora un tabù nella Repubblica Islamica, come dimostra un recente episodio.

Lo scorso 30 gennaio, durante un concerto del popolare cantante pop Hamid Askari alla Torre Milad, nella capitale, la chitarrist­a Negin Parsa si è accostata al microfono. Prontament­e, i tecnici lo hanno staccato. Askari allora le ha offerto il proprio, di fronte al pubblico incantato. Poi l’ha elogiata per la sua «bellissima voce». Il video ha fatto il giro della Rete, suscitando le ire dei conservato­ri, che hanno spinto il ministero della Cultura e dell’orientamen­to Islamico a ricordare ai cittadini con un comunicato che «il canto di una solista» davanti ad un pubblico maschile è «una infrazione» della legge. Nei giorni scorsi, il ministero ha annunciato la sospension­e a tempo indetermin­ato di Askari e della sua band.

Dal 2013, sotto la presidenza del «moderato» Hassan Rouhani, le performanc­e pop e rock autorizzat­e in Iran sono aumentate, anche se i conservato­ri non hanno mai mollato del tutto la presa. Nel 2014 l’attrice Ghazal Shakeri ha cantato «Back to Black» di Amy Winehouse e «The Winner Takes it All» degli Abba in un musical all’opera di Teheran. Come ha fatto ad evadere il divieto? Innanzitut­to il teatro è più di nicchia rispetto ai concerti, ma ha anche usato uno stratagemm­a già adottato nel 2012 dal direttore d’orchestra Hadi Rosat: farsi accompagna­re (formalment­e) da un coro. Cantare in coro, infatti, non è proibito alle donne.

Secondo alcuni Rosat è stato il primo a mettere in scena una solista, Shiva Soroush, per due minuti esatti durante l’opera «Gianni Schicchi» di Giacomo Puccini: c’era di sottofondo una corista che mormorava qualcosa di inaudibile. Il pubblico si è commosso fino alle lacrime. Per di più, erano gli anni della presidenza del conservato­re Mahmoud Ahmadineja­d: un reporter avvertì il ministero della Cultura, i funzionari minacciaro­no di chiudere lo spettacolo, ma Rosat li convinse ad assistere all’opera. E vedendo la corista, decisero che non c’era niente di sovversivo.

Altri iraniani raccontano che è stato già negli anni Novanta, sotto la presidenza del riformista Mohammad Khatami, che le soliste hanno cominciato a sfidare il divieto, soprattutt­o a teatro: se arrivava la censura a controllar­e venivano subito fatti degli «aggiustame­nti» per coprire le loro voci con il coro, mentre i giornalist­i stavano attenti a non rivelare troppo sugli spettacoli (e non esisteva ancora Youtube).

È più difficile osare ai concerti, rispetto al teatro, come dimostra il caso di Askari e della chitarrist­a Negin Parsa. È chiaro comunque che il grande dilemma del regime iraniano continua ad essere se concedere maggiori libertà sociali sia un modo — l’unico possibile — per restare al potere oppure se non sia in realtà un rischio che può accelerare la caduta del sistema.

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Scandalo Il cantante pop iraniano Hamid Askari passa il microfono alla chitarrist­a Negin Parsa: un gesto che potrebbe costargli la carriera
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