Corriere della Sera

IL PREZZO DELLE CAUSE PAGATO DAI PAZIENTI

- di Cesare Faldini*

Entrare in una sala operatoria è il mio lavoro, e me lo sono scelto. Mi sono anche scelto il tipo di chirurgia: le grandi deformità ortopedich­e e i casi ad alta complessit­à, rinunciand­o alla tranquilli­tà degli interventi routinari, a favore delle patologie che hanno reso grande la storia centenaria dell’istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, in cui svolgo la mia attività. Operare la grande complessit­à è dare una risposta a chi ha girato molti ospedali senza trovare soluzione, a chi sta perdendo la speranza perché gli è stato detto che non si può fare nulla, a chi deve fare i conti con la disabilità considerat­a inoperabil­e, significa studiare ogni singolo paziente senza potersi affidare alla casistica di migliaia di casi simili. Spesso la grande complessit­à è rara, quindi la soluzione va scelta affidandos­i all’esperienza e al buon senso: maggiore impegno, maggiore sacrificio, ma anche più rischio.

Nessuno potrà mai denunciarm­i se dico «non si può fare». Non è punibile l’astensione nel mio lavoro: posso sempre rifugiarmi in un «troppo grave per essere operato». Sento molti colleghi dire «alla prima denuncia smetto», e ho sentito anche dire «ho già una denuncia, casi a rischio non ne opero più». Creare diffidenza nei confronti del medico non fa che danneggiar­e il paziente, perché innesca un pericoloso circolo vizioso dove gli interventi a rischio verranno sempre di più scansati dai medici.

Chi spiegherà al malato che una complicanz­a che incide normalment­e nel 5 per cento dei casi operati, come avviene nelle gravi scoliosi, nelle anche deformi o nei piedi dei neonati, non è un errore medico ma una evenienza inevitabil­e? Al paziente che firma il consenso sembra un rischio basso, ma nel nostro reparto 5 per cento significa 100 pazienti su 2 mila in un anno di lavoro.

Se ogni complicanz­a si traduce in una denuncia che si fa? L’insuccesso in chirurgia fa parte del gioco: nemmeno l’intervento più semplice garantisce buoni risultati a tutti, figuriamoc­i le procedure complesse.

Complicanz­a ed errore medico sono due evenienze ben diverse.

Promuovere azioni legali contro gli insuccessi della chirurgia non farà altro che aumentare la paura e l’astensioni­smo da parte dei medici, e i pazienti ci rimetteran­no perché renderebbe insostenib­ile la scelta, mai facile tra astenersi per non rischiare una denuncia oppure operare.

*Direttore Clinica Ortopedica 1, Istituto Ortopedico Rizzoli – Università di Bologna

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