La sfida persa dai 5 Stelle dentro la maggioranza
Salvini farà pesare il test sul governo. Il ruolo di Meloni
Alle nove e mezza c’è già aria di esultanza: «Sì, qui a Pescara sta arrivando Giorgia». I primi rumors — sondaggi e instant poll, tutti da confermare — annunciano la vittoria del candidato di centrodestra targato Fratelli d’italia, Marco Marsilio, con un buon margine. E la Meloni si mette in macchina, direzione sede elettorale di Pescara («Le buone idee non hanno confini»), per salutare il nuovo governatore dell’abruzzo. Ma il vero vincitore di questa tornata elettorale, se tutto andasse come pare, sarebbe Matteo Salvini. Tra un’accusa ad Achille Lauro (il cantante) e una a Macron (il premier), il leader della Lega in questi giorni ha trovato spazio per fare indigestione di arrosticini e per organizzare più di venti comizi in Abruzzo. Perché è qui che si può dichiarare, se le cose andranno come spera, il trionfo della Lega. Con una doppia vittoria: sul partner di governo, il Movimento 5 Stelle, che rischia di finire al terzo posto, e sull’ex (e forse futuro) collega di centrodestra, Forza Italia.
Qualche giorno fa, alla conferenza stampa congiunta, Salvini non era certo venuto per rinnovare con entusiasmo l’antico patto di centrodestra. E lo si capiva bene dallo sguardo rivolto al vuoto e dal calore, tipo Antartide, che raccontava bene il disagio di una coalizione posticcia, collassata a Roma e riproposta a livello locale. Ma per un Berlusconi nostalgico dei bei tempi di Palazzo Grazioli, c’era un Salvini ben più concreto, pronto a sfruttare un exploit che potrebbe farlo diventare il king maker di una futura, e per ora ipotetica, coalizione di centrodestra alternativa alla maggioranza attuale di governo.
Ma a festeggiare potrebbe essere anche Giorgia Meloni, che dopo il sindaco dell’aquila, potrebbe ottenere il primo governatore d’italia. E che spera anche di accorciare le distanze con Forza Italia (se non addirittura superarla). Ma il vero traino di Marsilio, candidato molto romano e poco abruzzese, sentito come estraneo in regione, è stato sicuramente l’appeal populista della Lega salviniana. Che ora rivendicherà il risultato anche a Roma e potrebbe usarlo come arma contundente per le Europee e nelle trattative di governo con il Movimento.
Sara Marcozzi, per i 5 Stelle, sembra giocare ai margini del voto, nonostante l’appoggio dei vertici venuti in massa, dal ministro Giulia Grillo ad Alessandro Di Battista, da Paola Taverna a Luigi Di Maio. Candidata giovane ma non particolarmente empatica, la Marcozzi sconta anche l’annoso handicap dei 5 Stelle a livello locale: presentarsi con una sola lista e 29 candidati, contro i 400 degli sfidanti.
Chi alla fine potrebbe portare a casa un risultato dignitoso è Giovanni Legnini. L’ex governatore Luciano D’alfonso (ora senatore) salì al potere anche sull’onda dello straordinario successo di Renzi alle Europee del 2014, il magico 40 per cento. Ma i cinque anni passati sembrano un secolo. Nel mezzo ci sono state le Politiche, con il crollo del centrosinistra. Legnini, partito con sondaggi che lo davano al 20 per cento, sembra aver recuperato terreno.