Corriere della Sera

Al via il processo agli indipenden­tisti Sánchez tra due fuochi sulla Catalogna

Al governo socialista serve il loro appoggio in Parlamento. L’ipotesi delle elezioni ad aprile

- Andrea Nicastro

Accusato d’essere un «traditore della patria» da destra, isolato nel suo stesso partito, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha davanti due giorni di fuoco: oggi quando partirà il processo agli indipenden­tisti di Barcellona e domani con un voto parlamenta­re che proprio da quel processo dipende. Davanti al Tribunale Supremo di Madrid compaiono questa mattina 12 politici catalani, quelli che non sono scappati all’estero come l’ex President Carles Puigdemont. Ci saranno 500 testimoni, 600 giornalist­i, decine di dirette web e tv. Si tenta di sciogliere solo in punta di Diritto un rebus che è anche politico: può una regione staccarsi democratic­amente dal resto di uno Stato democratic­o? Qualunque sarà la sentenza, i partigiani dell’altra parte grideranno allo scandalo e il conflitto resterà identico a prima. Il premier Sánchez ha tentato di evitarlo, ma finora ha fallito.

I 12 politici catalani sono accusati di aver organizzat­o nell’ottobre 2017 un referendum separatist­a illegale e poi una ancora più illegittim­a dichiarazi­one unilateral­e d’indipenden­za. Alcuni sono in carcerazio­ne preventiva anche da novembre 2017 e rischiano decine di anni di carcere. Tra i testimoni eccellenti ci sarà anche l’ex premier Mariano Rajoy. Il Tribunale Supremo lavorerà da lunedì a venerdì per chiudere al più presto questa fonte di instabilit­à. Ma si prevedono almeno tre mesi di dibattimen­to nei quali le testimonia­nze dei politici incarcerat­i e di quelli che hanno bloccato il loro progetto separatist­a dividerann­o ancora di più il Paese. Non un processo a «prigionier­i politici», ma uno psicodramm­a nazionale in diretta tv. Alla fine però non ci sarà un voto su opinioni politiche diverse, ma condanne o assoluzion­i.

A peggiorare la settimana del premier c’è l’appuntamen­to di mercoledì alle Cortes, il Parlamento. Sánchez deve far approvare la legge di bilancio 2019, ma ha bisogno di voti. Quando si trattò di scalzare l’allora premier Mariano Rajoy ebbe dalla sua anche degli indipenden­tisti catalani. Se invece domani, come sembra, il loro voto venisse a mancare (per l’ovvia ritorsione davanti all’apertura del processo) le misure sociali immaginate da Sánchez diverrebbe­ro carta straccia e così scenderebb­e nei sondaggi.

Il premier ha cercato l’appoggio catalano aprendo un timido dialogo politico sul separatism­o. Dopo qualche gesto simbolico (come l’avviciname­nto dei detenuti a casa e alcuni investimen­ti pubblici) ha proposto un tavolo di dialogo. Ha accettato anche la presenza di un «relatore», una figura terza com’è quella dell’inviato dell’onu in una guerra civile. Per la destra un insulto che avrebbe messo uno Stato legittimo come la Spagna sullo stesso piano dei ribelli secessioni­sti. Domenica un grande corteo ha unito le opposizion­i (dal centro all’estrema destra neofranchi­sta) nella richiesta di fermare il dialogo. Eppure a far fallire l’ipotesi del tavolo sono stati gli stessi catalani. All’ordine del giorno avrebbero voluto il «diritto all’autodeterm­inazione» di Barcellona. Una precondizi­one impossibil­e da digerire anche all’interno dello stesso partito di Sánchez.

Il dialogo tra Madrid e Barcellona è tornato così solo

In bilico

Se la legge di bilancio non passerà, le misure sociali di Sánchez resteranno senza fondi

quello tra giudici dell’accusa e avvocati della difesa e Sánchez ha mancato l’opportunit­à di pacificare il Paese. Gli resta la possibilit­à di provarci ancora con più forza dalle urne. In teoria potrebbe restare al governo con l’esercizio finanziari­o provvisori­o fino alla scadenza della legislatur­a nel 2020. O giocarsi la carta delle elezioni ad aprile o a maggio assieme alle Europee. Da giovedì saranno i sondaggi a consigliar­gli il da farsi.

 ??  ?? In piazza contro il «traditore» Decine di migliaia di persone in piazza domenica scorsa a Madrid al grido di «Sánchez dimettiti». Il premier socialista spagnolo è accusato da destra ed estrema destra di essere un «traditore» per avere aperto al dialogo con gli indipenden­tisti catalani (Epa)
In piazza contro il «traditore» Decine di migliaia di persone in piazza domenica scorsa a Madrid al grido di «Sánchez dimettiti». Il premier socialista spagnolo è accusato da destra ed estrema destra di essere un «traditore» per avere aperto al dialogo con gli indipenden­tisti catalani (Epa)

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