«Lavoro e crisi aziendali, ora un nuovo scambio Confindustria-sindacati»
Cipolletta: le parti sociali possono «sostituirsi» al governo
A 48 ore dalla manifestazione sindacale di piazza San Giovanni Innocenzo Cipolletta, economista con un lungo passato di direttore generale della Confindustria, apre il dibattito e chiede alle parti sociali di coltivare addirittura l’ambizione di «sostituirsi» al governo. Ma cosa vuol dire in concreto? «Partiamo da un dato — risponde — le organizzazioni confederali del lavoro e le associazioni di impresa in questo momento hanno lo stesso obiettivo, rimettere al centro dell’agenda del Paese i temi delle infrastrutture e della crescita.
E questo di fronte a un governo che i lavori non solo non li accelera ma addirittura li rallenta come dimostra non solo la Tav ma la posizione sulle trivelle e persino sul tunnel del Brennero».
C’è dunque un vuoto di regia, un’assenza di responsabilità. Ma come fanno le parti sociali a sostituire il governo?
«Impostando le loro relazioni, o se si preferisce il patto del lavoro che propone il presidente Boccia, sullo scambio di azioni che servano a raggiungere obiettivi concreti, a prescindere dall’operato del governo. Ciò detto è giusto che sindacati e Confindustria incalzino l’esecutivo sulla riformulazione dell’agenda, penso però che non sarà facile ottenere risultati».
A quali azioni sta pensando?
«Gli esempi non mancano. Il primo riguarda la riduzione del numero dei contratti nazionali per liberare spazio alla contrattazione aziendale. L’enorme numero di Ccnl di oggi corrisponde a divisioni micro-settoriali tipiche della storia industriale italiana ma oggi andrebbe drasticamente ridotto. Consentendo così di ampliare il dialogo in azienda per cogliere meglio le esigenze dei lavoratori e renderli partecipi dei frutti del proprio impegno».
Il secondo esempio qual è?
«Penso ai nuovi lavori e ai rischi di ulteriore estensione del lavoro precario e delle false partite Iva. Con la flat tax che riduce le tasse fino a 65 mila euro ci sarà uno spostamento dal lavoro dipendente a quello autonomo per vantaggio fiscale con il rischio di una forte destrutturazione e di nuove sperequazioni dentro il mondo del lavoro. Le parti sociali dovrebbero impegnarsi a contrastare questo scenario usando la contrattazione».
Negoziati aziendali Va ridotto il numero dei contratti nazionali per liberare lo spazio per quella aziendale
Per un patto del lavoro che non sia corporativo bisognerebbe guardare anche a chi resta fuori dai cancelli.
«Sicuro. Le aziende e i sindacati dovrebbe intervenire su di un mercato del lavoro dove oggi si entra quasi solo per conoscenze o mediazione della famiglia. Le imprese usano abitualmente i loro siti per promuovere i prodotti ma dovrebbero aprirli alle candidature dei giovani. Dovrebbero comunicare i profili che cercano, che tipo di formazione offrono, quali agevolazioni prevedono per gli spostamenti di residenza. Sarebbe un’operazione di grande trasparenza. E per i giovani rappresenterebbe anche una lezione importante. Chi entra per raccomandazione è portato a pensare che quel metodo varrà anche dopo nella sua carriera».
Con la caduta della produzione industriale c’è il rischio di nuove crisi industriali, cosa possono fare le parti sociali?
«Gestirle sul territorio. Quelle meno gravi dovrebbero essere affrontate non nei ministeri ma a livello locale per governare gli esuberi e ricercare nuovi investitori. A Roma tutto diventa più difficile, se invece imprese e sindacati collaborassero a livello territoriale il processo sarebbe più lineare».
Il fil rouge delle sue proposte è la sussidiarietà.
«Certo, è da sempre la mia impostazione e poi la stagione politica attuale con tutte le sue incongruenze ci spinge a trovare nuove vie. Le parti sociali