Corriere della Sera

«I religiosi siano super partes»

Francesco ai gesuiti del Centro America: «Oggi i nostri popoli sono sottoposti a colonizzaz­ioni ideologich­e e culturali»

- di Antonio Spadaro

«L’ impegno politico per un religioso non significa militare in un partito politico» ha detto papa Francesco ai gesuiti del Centro America. «È chiaro che bisogna esprimere il proprio voto, ma il compito è quello di stare sopra le parti». Anche se questo non vuole dire «lavarsene le mani».

Nell’omelia che ha rivolto ai vescovi, dopo aver parlato di monsignor Romero, ha citato il gesuita padre Rutilio Grande. Come va la causa di beatificaz­ione di Rutilio?

«Voglio molto bene a Rutilio. Nell’ingresso della mia stanza c’è una cornice che contiene un pezzo di tela insanguina­ta di Romero e gli appunti di una catechesi di Rutilio. Sono stato molto devoto a Rutilio anche prima di aver conosciuto bene la figura di Romero. Quando ero in Argentina, la sua vita mi ha colpito, la sua morte mi ha toccato. Secondo le ultime notizie che ho da persone informate, la dichiarazi­one di martirio sta andando bene. Ed è un onore... Uomini di questo genere... Rutilio, inoltre, è stato il profeta. Ha “convertito” Romero. Qui c’è una visione: la dimensione della profezia, quella di colui che è profeta per la testimonia­nza della vita, e non solamente come quelli che lo sono perché fanno lezione e vanno in giro a parlare. Lui è un profeta di testimonia­nza. Ha anche detto quello che aveva da dire, ma è stata la sua testimonia­nza, quella del martirio, che alla fine ha mosso Romero. È stata la grazia. E quindi rivolgetev­i a loro con la vostra preghiera».

Vedendo la testimonia­nza che ha caratteriz­zato la Compagnia di Gesù nell’america centrale, che cosa pensa che possiamo apportare alla Chiesa universale?

«In America voi siete stati pionieri negli anni delle lotte sociali cristiane. Se padre Arrupe scrisse la Lettera su cristiani e “analisi marxista” per parlare della realtà della teologia della liberazion­e, è perché c’era qualche gesuita che si confondeva un po’. Non con cattive intenzioni, ma si era confuso, e a quel punto il padre ha dovuto rimettere le cose a posto. Rimetterle a fuoco. Allora chi condannava la teologia della liberazion­e, condannava tutti i gesuiti del Centroamer­ica. Ho sentito condanne terribili. E chi la accettava, accettava tutto senza fare distinzion­i. In ogni modo, la storia ha aiutato a discernere e a purificare (...). A quei tempi, un giorno presi l’aereo per andare a una riunione. Partivo da Buenos Aires, ma, siccome il biglietto costava meno, feci scalo a Madrid, per poi andare a Roma. A Madrid salì a bordo un vescovo centroamer­icano. Lo salutai, lui mi salutò; ci sedemmo accanto e cominciamm­o a parlare. Io gli domandai della causa di Romero, e lui mi rispose: “Non se ne parla nemmeno, proprio no. Sarebbe come canonizzar­e il marxismo”. È stato solo il preludio. Ha continuato di questo passo. Anche nell’episcopato c’erano visioni diverse, c’era pure chi condannava la linea della Compagnia. E infatti quel vescovo passò dal criticare Romero a criticare i gesuiti dell’america centrale. Ma non era certo l’unico a pensarla così. All’epoca, alcuni altri membri della gerarchia ecclesiast­ica erano molto vicini ai regimi di allora, erano molto “inseriti”». (...) Le dittature che avete avuto voi in Centroamer­ica erano del terrore. L’importante è non farsi sopraffare dall’ideologia né da un lato né dall’altro, e nemmeno dalla peggiore di tutte, che è l’ideologia asettica. “Non impicciart­i”: questa è l’ideologia peggiore».

Da gesuiti che atteggiame­nto dobbiamo avere verso la politica?

«Oggi a pranzo mi ha fatto la stessa domanda una ragazza del Nicaragua. La dottrina sociale della Chiesa è limpida ed è diventata sempre più esplicita attraverso diversi pontificat­i. Su questo l’evangelii gaudium è chiarissim­a. Inoltre, anche il Vangelo è un’espression­e politica, perché tende alla polis, alla società, a ogni persona e alla società, a ogni persona in quanto appartiene alla società. È vero che la parola “politica” è a volte persino disprezzat­a e intesa soltanto come logica della parte, settarismo politico, con tutto ciò che questo comporta in America Latina quanto a corruzione politica, sicari della politica e via dicendo. L’impegno politico per un religioso non significa militare in un partito politico. È chiaro che bisogna esprimere il proprio voto, ma il compito è quello di stare sopra le parti. Però non come chi se ne lava le mani, bensì come uno che accompagna le parti perché giungano a una maturazion­e, apportando il punto di vista della dottrina cristiana. In America Latina non sempre c’è stata maturità politica. Approfitto della domanda per citare alcuni problemi che per me hanno rilevanza politica. Il primo è quello della nuova colonizzaz­ione. La colonizzaz­ione non è solo quella che avvenne quando arrivarono gli spagnoli e i portoghesi che presero possesso delle terre. Questa è una colonizzaz­ione fisica. Oggi le colonizzaz­ioni ideologich­e e culturali sono di moda, sono quelle che stanno dominando il mondo. In politica voi dovete analizzare bene quali sono oggi le colonizzaz­ioni a cui sono sottoposti i nostri popoli. Il secondo è quello della nostra crudeltà. L’ho detto a un politico europeo, che mi ha risposto: “Padre, l’umanità è sempre stata così, soltanto che ora con i media ce ne accorgiamo di più”. Può darsi che abbia ragione. Ma la crudeltà è terribile. Si inventano persino le torture più raffinate, si degrada l’umano. Ci stiamo abituando alla crudeltà. Il terzo riguarda la giustizia ed è la pena senza speranza. Ieri ero felice quando ho lasciato l’istituto dei minori, perché ho visto tutto il lavoro che fanno lì per ricostruir­e la vita di persone, ragazzi, ragazze molto degradati dai delitti, per reinserirl­i. Ma la cultura della giustizia aperta alla speranza non è ancora ben radicata».

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