Burattino senza feeling
Signor Verhofstadt, quando un giocatore della mia squadra sbaglia un gol, il che purtroppo capita abbastanza spesso, lo esorto con una certa vivacità a cambiare mestiere. Ma se qualcun altro osasse ridicolizzarlo, lo azzannerei cortesemente alla giugulare. Lei, all’europarlamento, ha allestito un artificio retorico degno del Marco Antonio shakespeariano sul cadavere di Cesare. Ha elogiato l’italia e gli italiani del passato per meglio insolentire quelli del presente, dando del burattino al primo ministro in carica, benché molti politici del Nord Europa, incapaci di far pagare le tasse alle multinazionali dove talvolta si trasferiscono a fine carriera, in materia di burattini potrebbero tenere corsi di specializzazione a Pinocchio.
Non è tutta colpa sua, signor Verhofstadt. Siamo noi ad avervi abituati così male. Sono almeno vent’anni che incoraggiamo i politici stranieri a trattare da macchiette i nostri governanti, persino quando lo sono e perciò andrebbero protetti dal disprezzo altrui per godersi soltanto il nostro.
Ma è proverbiale la capacità degli italiani di dissociarsi da sé stessi, addossando la responsabilità dei risultati elettorali a un popolo ignoto e ostile, composto dalla maggioranza dei loro connazionali. Stavolta, invece, ci siamo sentiti offesi quasi tutti. Forse perché quel Conte che si lasciava insultare da lei con tanta dignità non sembrava neanche un italiano.