Corriere della Sera

Il giorno dell’autonomia (che divide gli alleati)

Stasera il governo esamina le tre bozze d’intesa. C’è la «comparteci­pazione di imposte». La protesta del Sud

- Dino Martirano

Stasera il consiglio dei ministri affronta il nodo politico dell’autonomia regionale differenzi­ata. Uno scoglio semi affiorante molto pericoloso che divide la Lega e il M5s ma anche i governator­i del Pd del Nord e del Sud. Sul tavolo del governo Conte ci sono tre bozze d’intesa (con Lombardia e Veneto, che nel 2017 hanno celebrato i referendum, e con l’emilia-romagna che si è accodata) i cui contenuti sono più o meno irrinuncia­bili per i leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana e per il dem Stefano Bonaccini. Ma quei temi, allo stesso tempo, costituisc­ono una minaccia per il Meridione chiamato a opporsi con «un nuovo Risorgimen­to» dal governator­e campano Vincenzo De Luca (Pd). E anche la Cgil di Maurizio Landini lancia l’allarme «perché si mette in discussion­e l’unità del Paese». Ma il governator­e Fontana, già ha risposto per le rime: «C’è, in effetti, qualcuno che rischia con il discorso dell’autonomia. Sono gli amministra­tori politici del Sud che non sono stati in grado di far emergere tutte le potenziali­tà dei loro territori».

Stasera, dopo un lavoro intenso iniziato a luglio, la ministra leghista Erika Stefani illustrerà quali sono i punti sui quali i ministeri a trazione leghista (Interni, Agricoltur­a, Pubblica amministra­zione, etc.) hanno già dato il via libera al rafforzame­nto dei poteri delle Regioni e quali, invece sono in sospeso perché i mini- stri grillini hanno puntato i piedi (Sanità, Ambiente, Infrastrut­ture, Beni Culturali).

La ministra Stefani e il viceminist­ro dell’economia Massimo Garavaglia hanno comunque rassicurat­o sul fatto che «si è chiusa l’istruttori­a con il Mef in modo positivo, con un accordo che prevede l'approdo ai costi e ai fabbisogni standard partendo da una fase iniziale calcolata sul costo storico». E anche se viene assicurata una cornice «a saldo zero» tramite «la comparteci­pazione delle imposte», l’«approdo» al meccanismo in base al quale le Regioni finanziera­nno le loro nuove funzioni (ci sarà una quota dell’irpef trattenuta dai territori?) è ancora lontano. Le tre bozze d’intesa con il governo, se firmate dai tre governator­i, dovranno passare dalla bicamerale degli Affari Regionali e poi, sotto forma di tre disegni di legge distinti dovranno essere approvate dalla Camere a maggioranz­a assoluta. Sulla possibilit­à di emendare i testi, i presidenti Elisabetta Casellati e Roberto Fico sarebbero orientati a permettere interventi solo sulle modalità attuative delle intese.

Ieri alla Camera, a dire no a questo disegno c’erano anche i pentastell­ati dissidenti Paola Nugnes e Virginia La Mura che applaudiva­no il presidente dello Svimez Adriano Giannola, i costituzio­nalisti Massimo Villone e Andrea Patroni Griffi. Insieme a Gilda Sportiello (M5S), Pier Luigi Bersani, Stefano Fassina, Federico Fornaro, Guglielmo Epifani e Roberto Speranza di Leu, Piero De Luca, Gennaro Migliore e Lello Topo del Pd, Renata Polverini di Forza Italia. È il fronte trasversal­e del Sud che inizia prendere corpo. Anche in casa grillina.

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