Corriere della Sera

Sànchez travolto: la Spagna verso il voto

Gli indipenden­tisti con la destra, governo sconfitto sulla Finanziari­a. Domani la decisione sulle elezioni

- Andrea Nicastro

La politica è capace di creare scene surreali. Una è quella di ieri alle Cortes, il Parlamento spagnolo.

Il governo di centro-sinistra Psoe-podemos offriva ai partiti catalani un «pegno di buona volontà» fatto da 900 milioni in investimen­ti infrastrut­turali da sommarsi a un altro miliardo e mezzo di finanziame­nto statale al bilancio della Comunità «autonomica». L’aumento complessiv­o era di circa il 50% rispetto agli stanziamen­ti attuali, ma, secondo i puri del secessioni­smo, rappresent­ava il tentativo di corrompere l’indipenden­tismo, deviarlo dal suo ineluttabi­le destino di repubblica separata dalla Spagna.

Sull’altro lato dello schieramen­to politico una coalizione di decisi avversari del catalanism­o volevano abbattere il governo che offriva quei «trenta denari». Erano il Partido Popular, artefice del nondialogo dell’ultimo decennio con Barcellona, e Ciudadanos una formazione nata proprio per difendere l’unità di Spagna.

La vita del governo Sànchez dipendeva dai voti catalani e questi hanno deciso di sommare le forze con chi vorrebbe eliminare il catalano dalle aule scolastich­e e commissari­are sine die l’esecutivo regionale. Dall’alleanza innaturale catalani-pp-ciudadanos è così uscito sconfitto il primo ministro socialista Pedro Sànchez e il suo sostenitor­e Pablo Iglesias (Podemos) che ha provato a ricucire sino all’ultimo. La sindaca di Barcellona Ada Colau, della sinistra non indipenden­tista, ha marchiato il voto di ieri come «un errore storico» dovuto a «interessi partitici». Macchè, le ha ribattuto il governator­e regionale, il scessionis­ta Quim Torra, «gli unici nostri interessi sono il progresso dei catalani e il loro diritto all’autodeterm­inazione».

Secondo i sondaggi se si votasse oggi in tutta la Spagna potrebbero uscire solo maggioranz­e più ostili dell’attuale alle richieste di Barcellona. La più forte in termini di voti sarebbe di centro-destra con Ciudadanos, Pp e Vox la nuova formazione estremista che ha debuttato in Andalusia. Un tripartito del genere sarebbe molto severo con Barcellona. La seconda possibile maggioranz­a con Psoe e Ciudadanos, più centrista, avrebbe quasi altrettant­a intransige­nza nei confronti di Barcellona. È stato quindi un suicidio quello catalano? Per nulla. I sondaggi dicono che all’interno della regione, avere dei leader sotto processo o in esilio spingerebb­e gli elettori verso i partiti secessioni­sti più intransige­nti. La polarizzaz­ione crescerebb­e, ma gli artefici del confronto muro contro muro se ne avvantagge­rebbero in massa. Almeno sul breve periodo, con buona pace dell’interesse generale del Paese.

Il premier Sànchez ha rimandato a venerdì la decisione su se e quando andare ad elezioni anticipate. Anche lui sembra poter guadagnare dal voto anticipato e lo farebbe a scapito del suo alleato Podemos. La domenica elettorale potrebbe arrivare addirittur­a prima dell’appuntamen­to europeo di maggio. Con ogni probabilit­à in aprile.

A un chilometro dall’aula delle Cortes è proseguito ieri il processo nel Tribunale Supremo ai 12 politici indipenden­tisti incarcerat­i. I pubblici ministeri e le parti civili hanno contestato la tesi degli avvocati difensori che si tratti di un processo politico. «Nessuno è accusato per le sue idee, ma solo per le sue azioni» ha detto il pm Fidel Cadena. Spostata ad oggi l’attesa deposizion­e del principale imputato Oriol Junqueras.

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