Sànchez travolto: la Spagna verso il voto
Gli indipendentisti con la destra, governo sconfitto sulla Finanziaria. Domani la decisione sulle elezioni
La politica è capace di creare scene surreali. Una è quella di ieri alle Cortes, il Parlamento spagnolo.
Il governo di centro-sinistra Psoe-podemos offriva ai partiti catalani un «pegno di buona volontà» fatto da 900 milioni in investimenti infrastrutturali da sommarsi a un altro miliardo e mezzo di finanziamento statale al bilancio della Comunità «autonomica». L’aumento complessivo era di circa il 50% rispetto agli stanziamenti attuali, ma, secondo i puri del secessionismo, rappresentava il tentativo di corrompere l’indipendentismo, deviarlo dal suo ineluttabile destino di repubblica separata dalla Spagna.
Sull’altro lato dello schieramento politico una coalizione di decisi avversari del catalanismo volevano abbattere il governo che offriva quei «trenta denari». Erano il Partido Popular, artefice del nondialogo dell’ultimo decennio con Barcellona, e Ciudadanos una formazione nata proprio per difendere l’unità di Spagna.
La vita del governo Sànchez dipendeva dai voti catalani e questi hanno deciso di sommare le forze con chi vorrebbe eliminare il catalano dalle aule scolastiche e commissariare sine die l’esecutivo regionale. Dall’alleanza innaturale catalani-pp-ciudadanos è così uscito sconfitto il primo ministro socialista Pedro Sànchez e il suo sostenitore Pablo Iglesias (Podemos) che ha provato a ricucire sino all’ultimo. La sindaca di Barcellona Ada Colau, della sinistra non indipendentista, ha marchiato il voto di ieri come «un errore storico» dovuto a «interessi partitici». Macchè, le ha ribattuto il governatore regionale, il scessionista Quim Torra, «gli unici nostri interessi sono il progresso dei catalani e il loro diritto all’autodeterminazione».
Secondo i sondaggi se si votasse oggi in tutta la Spagna potrebbero uscire solo maggioranze più ostili dell’attuale alle richieste di Barcellona. La più forte in termini di voti sarebbe di centro-destra con Ciudadanos, Pp e Vox la nuova formazione estremista che ha debuttato in Andalusia. Un tripartito del genere sarebbe molto severo con Barcellona. La seconda possibile maggioranza con Psoe e Ciudadanos, più centrista, avrebbe quasi altrettanta intransigenza nei confronti di Barcellona. È stato quindi un suicidio quello catalano? Per nulla. I sondaggi dicono che all’interno della regione, avere dei leader sotto processo o in esilio spingerebbe gli elettori verso i partiti secessionisti più intransigenti. La polarizzazione crescerebbe, ma gli artefici del confronto muro contro muro se ne avvantaggerebbero in massa. Almeno sul breve periodo, con buona pace dell’interesse generale del Paese.
Il premier Sànchez ha rimandato a venerdì la decisione su se e quando andare ad elezioni anticipate. Anche lui sembra poter guadagnare dal voto anticipato e lo farebbe a scapito del suo alleato Podemos. La domenica elettorale potrebbe arrivare addirittura prima dell’appuntamento europeo di maggio. Con ogni probabilità in aprile.
A un chilometro dall’aula delle Cortes è proseguito ieri il processo nel Tribunale Supremo ai 12 politici indipendentisti incarcerati. I pubblici ministeri e le parti civili hanno contestato la tesi degli avvocati difensori che si tratti di un processo politico. «Nessuno è accusato per le sue idee, ma solo per le sue azioni» ha detto il pm Fidel Cadena. Spostata ad oggi l’attesa deposizione del principale imputato Oriol Junqueras.