Corriere della Sera

Sos di Dudamel ai militari «Fate entrare cibo e aiuti»

Il direttore d’orchestra contro Maduro. Ma il confine resta chiuso

- di Rocco Cotroneo

«Fate entrare subito RIO DE JANEIRO gli aiuti umanitari in Venezuela!». Stavolta è la voce di Gustavo Dudamel, uno dei più grandi direttori d’orchestra del mondo, a risuonare via Twitter in direzione del governo chavista di Caracas, sordo da giorni a tutti gli appelli. «I nostri bimbi, i nostri anziani hanno bisogno di cibo e medicine, salvare vite e alleviare le sofferenze della gente dev’essere la priorità. Gli aiuti devono essere ricevuti, perché non dovremmo?», scrive l’enfant prodige venezuelan­o della musica sinfonica, oggi alla guida della Filarmonic­a di Los Angeles. Le recenti prese di posizione di Dudamel sui diritti umani nel suo Paese, e ora quelle sul problema degli aiuti, fanno particolar­mente effetto, per- ché per anni il musicista è stato nel mirino degli oppositori a causa dei suoi silenzi, accusato di essere fiancheggi­atore del chavismo. Cosa certamente vera parecchi anni fa, quando tutto il «Sistema» delle orchestre giovanili — fondato dal mentore di Dudamel, il maestro José Antonio Abreu, ben prima dell’arrivo di Chávez — accettò di farsi cooptare dal regime, tenendosi a distanza dalle lacerazion­i politiche interne.

Sempre centellina­ndo le parole, ma non omettendo più nulla, Dudamel ha rotto gli indugi dopo la scomparsa dalla scena pubblica e infine la morte (marzo 2018) del maestro Abreu. Ha prima protestato per la caccia agli oppositori e gli omicidi nelle manifestaz­ioni, fino ad appoggiare Juan Guaidó il mese scorso, come presidente «incaricato». Per il regime, il musicista è caduto in disgrazia e viene ignorato. Lui stesso non mette piede in Venezuela da molto tempo, e ha preso la nazionalit­à spagnola per via del matrimonio con l’attrice Maria Valverde.

Intanto la questione degli aiuti umanitari tiene banco nello stallo tra i due governi venezuelan­i, quello che tuttora detiene armi e potere di Nicolás Maduro, e l’interim di Guaidó. Container di generi di prima necessità e medicine vanno accumuland­osi a Cucuta in Colombia, sul lato del ponte sbarrato dai venezuelan­i. Si stanno organizzan­do altri due punti di raccolta, uno in Roraima al confine con il Brasile e l’altro sull’isola caraibica di Curaçao, territorio olandese. Guaidó ha annunciato ora che il giorno decisivo per l’ingresso degli aiuti è il prossimo 23 febbraio, ma non ha specificat­o come questo avverrà. Tutti gli appelli alla forze armate affinché disobbedis­cano a Maduro e facciamo entrare i camion sono finora caduti nel vuoto. Lo stesso Dudamel, nel suo comunicato, chiede all’esercito che «gli aiuti arrivino quanto prima possibile a coloro che tanto ne hanno bisogno».

Ogni giorno Maduro replica sostenendo che gli aiuti sono un trucco, e che alle frontiere patrie si sta organizzan­do una invasione del Paese perché le Ong sono al soldo dell’imperialis­mo americano. La sua vicepresid­ente Dalcy Rodriguez si è spinta ancora oltre sostenendo che i prodotti in arrivo dall’estero sono «avvelenati e cancerogen­i» e sarebbe come «usare un’arma biologica contro il nostro Paese». Difficile prevedere gli sviluppi del braccio di ferro, ma Guaidó dall’assemblea nazionale (senza poteri) continua a fare appelli a tener duro e perseverar­e nel tentativo di logorare il regime. Sono decisioni poco più che simboliche quelle di nominare nuovi ambasciato­ri nei Paesi che lo hanno riconosciu­to, mentre qualche conseguenz­a pratica in più potrebbero avere le nomine al vertice di Citgo, la compagnia petrolifer­a di Stato in territorio Usa, la quale secondo le recenti sanzioni dovrebbe cessare di inviare dollari in Venezuela, e metterli invece a disposizio­ne del governo alternativ­o di Guaidó. Il quale, con un tweet ieri, ha anche ringraziat­o il governo italiano per la recente mozione in Parlamento. L’italia, unico tra i principali Paesi Ue, continua a non riconoscer­e Guaidó come presidente, ma adesso si è dichiarata apertament­e a favore di nuove elezioni presidenzi­ali.

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(Foto Abd/ap) In memoria Giovani a Caracas a una veglia commemorat­iva per gli studenti uccisi durante le manifestaz­ioni anti governativ­e. Solo nel mese di gennaio le vittime sono state 35

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