Corriere della Sera

Carige, via libera della Camera al decreto per il «paracadute» di Stato

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Il decreto legge Carige ottiene il via libera della Camera. A Montecitor­io il provvedime­nto è stato approvato con 461 voti a favore, 27 contrari e due astenuti, in favore hanno votato anche il Pd e Forza Italia. Il passaggio successivo è ora l’esame da parte del Senato. Rispetto al testo licenziato da Palazzo Chigi quello votato ieri presenta un’unica modifica, ossia l’impegno del ministero dell’economia a trasmetter­e alle Camere ogni quattro mesi una relazione con il dettaglio degli interventi predispost­i, le risorse impegnate e le finalità di spesa. Il resoconto dovrà indicare anche l’aggiorname­nto sulla posizione dei grandi debitori di Carige, i cui crediti risultino in sofferenza «per un ammontare pari o superiore all’1% del patrimonio netto».

Il decreto legge prevede la costituzio­ne di un fondo pubblico da 1,3 miliardi per il 2019. Circa 1 miliardo è a copertura degli oneri derivanti dalle sottoscriz­ioni di azioni per il rafforzame­nto patrimonia­le, altri 300 milioni sono destinati alle garanzie concesse dallo Stato su passività e liquidità di emergenza a favore dell’istituto genovese.

Nessuno dei risparmiat­ori Carige «sta riempiendo le piazze o meditando atti autolesion­istici come, purtroppo, è accaduto in un triste e recente passato», rivendican­o Carla Ruocco e Raffaele Trano, presidente e capogruppo del Movimento 5 Stelle in commission­e Finanze alla Camera. «Con grande senso di responsabi­lità, abbiamo votato a favore del decreto Carige. Un provvedime­nto che, ancorché assai lontano dalla perfezione, garantisce gli oltre 4.000 dipendenti, tutela i risparmiat­ori e sostiene un’azienda così importante per il tessuto economico ligure», dicono con una nota i deputati di FI Manuela Gagliardi, Giorgio Mulè, Roberto Bagnasco e Roberto Cassinelli. «Che bello votare assieme a M5S e Lega il decreto Carige — ha scritto invece ironicamen­te su Twitter il vicepresid­ente Pd della Camera Ettore Rosato —. Identico a quello fatto dai nostri governi. Anche se all’epoca ci chiamavano amici delle banche».

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