Corriere della Sera

Inter ok con Lautaro Bene anche il Napoli

- Alessandro Bocci Paolo Tomaselli

Al quarto piano della Federcalci­o in via Allegri, Roberto Mancini spiega progetti, programmi e sogni. Da calciatore con l’azzurro ha sbagliato, da c.t. vuole riprenders­i tutto. Con gli interessi.

Sette italiani nella Roma che batte il Porto. È un messaggio al calcio italiano?

«Siamo rimasti piacevolme­nte scioccati. Non credo però che sia un messaggio. La Roma sta facendo una buona politica. Se riesce a prenderne altri può avere una base molto solida, perché i ragazzi stanno crescendo in fretta».

Cosa le ha detto in più la Champions su Zaniolo?

«Che magari può giocare anche in un altro ruolo, anche se forse non è il suo. Adesso appena tocca palla fa gol».

Lei, sorprenden­do tutti, lo ha convocato già ad agosto: cosa l’aveva colpita?

«Lo avevo seguito all’euro Under 19 e, oltre a lui, mi avevano impression­ato Tonali, Kean e Scamacca. Zaniolo mi era piaciuto perché è forte fisicament­e, arriva spesso al tiro e quando ha il pallone non glielo portano mai via».

L’inter come ha fatto a non puntarci?

«A volte coi giovani è difficile capire. Io ci ho visto delle qualità, uno così non lo abbiamo, è completame­nte diverso da Barella, Jorginho e Verratti. Ha le caratteris­tiche per essere un interno, il paragone con Pogba ci sta. Adesso però servono calma e pazienza. Anche lui andrà in difficoltà».

Barella e Chiesa sono punti di riferiment­o, Romagnoli è il capitano del Milan, Pellegrini e Cristante sono titolari nella Roma. In Italia c’è più coraggio coi giovani?

«Sì, ma ce ne potrebbe essere di più, perché sono tanti quelli bravi. Kean alla Juve non gioca, ma sarebbe titolare quasi ovunque. Tonali dovrebbe giocare in A. Anche Sensi ha qualità enormi. Pellegri lo seguiamo sempre».

Ha già in testa il prossimo Zaniolo?

«Può darsi, perché stiamo seguendo tanti ragazzi. I giovani sono il filo conduttore: in due anni possiamo mettere insieme una squadra forte che può fare bene agli Europei. E può giocarsi alla grande il Mondiale del 2022».

Con Di Biagio lavora in sinergia. Non è comune vedere il c.t. della Nazionale maggiore e quello dell’under 21 insieme in campo.

«C’è collaboraz­ione. In seisette andranno all’europeo in casa, anche perché abbiamo la possibilit­à di vincerlo».

Lei ha detto che sogna la doppietta Europeo-mondiale. Mette l’asticella così in alto per ridare ambizione alla Nazionale?

«La doppietta non l’abbiamo mai fatta. Il Mondiale fallito ormai è passato. Il trauma è superato. Bisogna tenerlo presente come monito, però abbiamo il dovere di tornare a pensare in grande. Non ci sono squadre più forti in assoluto. L’argentina con Messi non ha vinto neanche la Coppa America. Le altre Messi non ce l’hanno, quindi perché noi non possiamo pensare di vincere l’europeo?».

Giocare a Roma almeno le prime due partite di Euro 2020, quanto è stimolante per riaccender­e la passione?

«Un po’ l’abbiamo già riaccesa: questa Italia che gioca piace. Non dico si possa tornare all’euforia incredibil­e delle Notti Magiche, però partire in casa ci può dare un bello slancio».

Lei ha detto che la sua Italia punta sui giovani come quella di Vicini ma che deve imporre il gioco come faceva Sacchi. Qual è il modello?

«Con Vicini passò in blocco una Under fortissima, qui stiamo inserendo tanti giovani con qualche giocatore d’esperienza. Il riferiment­o a Sacchi è quello di avere qualcosa di speciale per vincere: giocare all’attacco e riavvicina­re la gente alla Nazionale».

Ci sono novità su Vialli?

«Non ho sentito Luca. Credo che se verrà da noi sarà un valore aggiunto».

Balotelli intanto ha riacceso il motore a Marsiglia...

«E speriamo che lo tenga acceso a lungo, perché tutto dipende da lui».

Gli altri attaccanti non la convincono?

«Si dice questo di Immobile, ma non è così. Ciro deve tornare a segnare in Nazionale, come Belotti, Insigne, Politano. Poi faremo delle scelte».

Lei ha varato il tridente «leggero». Con Balotelli può cambiare il progetto?

«No, perché lui sa giocare a calcio. Se fosse quello di dieci anni fa, che correva da tutte la parti sarebbe l’ideale. Ma a 28 anni è ancora nel pieno delle sue possibilit­à».

Tutto quello che c’è attorno a Mario, dalle critiche agli attacchi razzisti, può essere un problema?

«L’ho gestito per tanti anni e non mi crea problemi. È lui che deve avere la testa a posto come non l’ha mai avuta negli ultimi anni per meritarsi la convocazio­ne. Deve giocare bene, fare gol e stare attento a non farsi ammonire».

Al suo esordio in azzurro venne esposto uno striscione contro Mario capitano. Le critiche che subisce hanno un sottofondo di razzismo che lui soffre?

«Non credo che soffra tanto, è

talmente abituato. Gli anticorpi se li è fatti. Deve capire che tante altre occasioni non ne avrà».

Il rischio del girone è sottovalut­are l’avversario?

«Come ho detto: ricordiamo­ci la Svezia, perché tutte le partite sono ricche di difficoltà. Finlandia, Bosnia e Grecia, soprattutt­o in trasferta, possono crearci dei problemi».

Il c.t. dell’italia è un semplice allenatore?

«No. Ed è giusto così, la Nazionale è un’istituzion­e, che unisce tante persone. Mi rendo conto che sono un punto di riferiment­o, anche nei comportame­nti».

Quella azzurra sarà la sua ultima panchina?

«Se vinciamo Europei e Mondiali magari resto sino a 80 anni» (ride).

Ha parlato del valore aggregante della Nazionale. L’italia del 2019 le sembra un Paese disgregato?

«È un Paese che ha bisogno anche della Nazionale per aggregarsi. Ci stiamo un po’ disunendo e non è bello perché siamo sempre stati un popolo di gente perbene, ce l’abbiamo nel cuore. Non siamo persone che fanno la guerra, dobbiamo aiutare gli altri come siamo stati aiutati noi nel 1945. Dobbiamo ritrovare i valori che abbiamo perso. Si deve poter portare i bambini a scuola senza trovare la polizia, uscire a bere una birra senza prendersi una pallottola e una donna deve poter uscire la sera senza rischiare di essere uccisa. Bisogna guardarci dentro e capire chi siamo. Noi italiani non siamo come sembriamo in questo momento».

Oggi è più difficile essere giovani calciatori?

«Quando noi uscivamo di notte nessuno lo sapeva... Adesso coi social è più complicato, più fastidioso e può sottrarti energie. Un giocatore serio deve sapersi gestire».

La Juve è favorita con l’atletico Madrid?

«In queste partite può succedere di tutto. La Juve è forte e ha tanti cambi, ma l’atletico è una squadra quadrata e difficilme­nte le fai gol. È una sfida aperta».

Avere o non avere Chiellini e Bonucci fa la differenza anche in azzurro?

«Si perché hanno un’esperienza fondamenta­le e fanno reparto da soli».

Il Mancini migliore come allenatore quale è stato?

«Spero il prossimo».

Napoleone preferiva i generali fortunati a quelli bravi. Esiste la fortuna del Mancio, come quella di Sacchi?

«Quello era il Cul de sac (ride)... La fortuna aiuta chi ci prova, ma ci vogliono le qualità. Mi è successo spesso di vincere nel finale, è vero. Ma al di là di questo l’italia è in credito con la fortuna e speriamo che ci aiuti. Dipenderà anche da noi: difficilme­nte vince uno che non merita».

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 ?? (Lapresse) ?? Commissari­o tecnico Roberto Mancini, 54 anni, è c.t. della Nazionale dal 14 maggio 2018. per lui 9 presenze sulla panchina azzurra con 3 vittorie, 4 pareggi e 2 sconfitte
(Lapresse) Commissari­o tecnico Roberto Mancini, 54 anni, è c.t. della Nazionale dal 14 maggio 2018. per lui 9 presenze sulla panchina azzurra con 3 vittorie, 4 pareggi e 2 sconfitte

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