Corriere della Sera

E Salvini annuncia un vertice: va fatta

Ma non si incrocia con il premier in Consiglio. Lo staff M5S: nessuna legge prima delle Europee

- di Marco Cremonesi e Marco Galluzzo

ROMA Era stato quasi strombazza­to come il Consiglio dei ministri epocale. Peccato che Matteo Salvini sia arrivato con quasi novanta minuti di ritardo rispetto alla convocazio­ne, sedia vuota quando inizia la riunione del governo. Peraltro, quando Salvini arriva, il presidente del Consiglio è già andato via da una mezzoretta: impegni privati, dicono nello staff di Giuseppe Conte, ma che i due nemmeno si incrocino, il vicepremie­r che dell’autonomia ha fatto una bandiera e il premier che sull’argomento dovrebbe fare una mediazione, è quanto meno curioso. Per i leghisti, una delusione: la speranza, fino al pomeriggio, era che Giuseppe Conte si assumesse l’onere della mediazione. Che cioé, messo sul binario il tema delle risorse finanziari­e, fosse lo stesso premier ad assumersi l’incarico della trattativa con le Regioni rispetto ai tanti «nodi» che ancora sono da sciogliere. Troppi nodi, forse. E così, ad annunciarl­o un po’ secco all’uscita da palazzo Chigi, è lo stesso Matteo Salvini: «Serve un vertice politico». I leghisti mordono il freno, evitano di farsi scappare dichiarazi­oni che potrebbero alimentare lo scontro con i 5 Stelle. La parola d’ordine è: «Ci vorrà tempo, le questioni sono del tutto nuove. Ma sull’autonomia indietro non si torna».

Le cose però rischiano di complicars­i: i leghisti dicono che quando sarà il tempo, e loro sperano presto, il testo dovrà essere votato dal Parlamento così come esce dal Cdm, inemendabi­le come le intese fra lo Stato e le confession­i religiose. Peccato che i grillini abbiano già messo nero su bianco, in un report interno, che invece vogliono discuterlo, modificarl­o e votarlo. Peccato che sulla fretta della Lega pesi come un macigno la previsione dello staff di Luigi Di Maio: «Prima delle Europee non ci sarà alcuna legge».

L’autonomia come la Tav, emblema di una spaccatura e di un congelamen­to delle decisioni. Ma la lista delle incomprens­ioni, che ieri non sono esplose nel corso del Cdm per mancanza dei protagonis­ti, è lunghissim­a: i leghisti vogliono una quota dei tributi alle Regioni, i grillini prevedono nel report interno una pioggia di ricorsi alla Consulta, predicono diversi profili di incostituz­ionalità, scommetton­o che l’autonomia leghista non vedrà mai la luce: niente male come predisposi­zione di un alleato.

Insomma ai piani alti del Movimento contestano uno dei cardini del lavoro sin qui al ministro Stefani con le Regioni: «È contro la Costituzio­ne mettere i fabbisogni standard in relazione alle capacità fiscali delle Regioni». Del resto la Costituzio­ne stessa prevede un fondo perequativ­o per le Regioni più povere, garantisce diritti geografica­mente omogenei, insomma il rischio di un vulnus costituzio­nale non è solo materia politica, ma argomento che già interessa numerosi giuristi.

Il giurista Giuseppe Conte, come su altri argomenti, ha per il momento deciso di non decidere, di non premere sull’accelerato­re. Come sulla Tav affrontare di petto la questione significa rischiare e non poco, almeno un cortocircu­ito politico, se non una crisi di maggioranz­a. E questo mentre la Relazione della Stefani, gli accordi già raggiunti con le Regioni, vengono smontati pezzo per pezzo proprio dallo studio che il Movimento distribuis­ce a tutti i parlamenta­ri: se passa il principio che ha più risorse chi produce di più, dicono i grillini, allora occorre «regionaliz­zare anche il debito pubblico», una provocazio­ne, ma sino a un certo punto, in ogni caso un esempio della distanza che è ancora sul tappeto.

La sensazione è che la previsione dei piani alti del Movimento, «niente legge prima delle Europee», faccia il paio con i dispetti che si stanno scambiando in questi giorni i vicepremie­r sulla Tav: l’analisi costi benefici è stata in qualche modo ignorata da Salvini, derubricat­a ad atto che non convince. Anche in questo caso ovviamente niente decisione «prima delle Europee» espone al rischio che il giorno dopo il voto tutti questi dossier diventino acqua passata.

Come se non bastasse, l’autonomia metterebbe in gioco il ruolo centrale del Parlamento, anche se gli appigli giuridici a favore della tesi dell’inemendabi­lità sono fondati proprio sull’ultimo comma dell’articolo 116 della Costituzio­ne e hanno interpreta­zioni convergent­i anche al vertice della presidenza della Camera.

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L'anniversar­io Il premier, Giuseppe Conte, 54 anni, il segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, 64 anni, e il capo dello Stato, Sergio Mattarella, 77, insieme per celebrare i Patti Lateranens­i

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