LO STALLO DI UN GOVERNO BLOCCATO DAL DOPO VOTO
Dopo il risultato delle elezioni in Abruzzo, la maggioranza di governo si era affrettata a dire che non sarebbe cambiato nulla. E invece, i rapporti tra Movimento Cinque Stelle e Lega sono già in evoluzione: in peggio. Soprattutto nelle file grilline sta affiorando uno scontro tra il vicepremier Luigi Di Maio e quanti vedono male la sua alleanza con Matteo Salvini. Il risultato, per ora, è una frenata dell’attività di governo. Frenata sull’autonomia delle regioni del Nord, voluta dalla Lega; e sull’autorizzazione a procedere del Parlamento nei confronti di Salvini, sulla quale i Cinque Stelle sono tornati a contorcersi.
E, sotto traccia, dietro i proclami sulla tenuta del governo di Giuseppe Conte per l’intera legislatura, cova un conflitto sordo. Il M5S cerca di risalire la china di sondaggi frustranti moltiplicando le occasioni di lite col Carroccio. Salvini non è da meno, contrastando gli alleati sul loro «no» alla Tav ferroviaria Torino-lione; sfilandogli la difesa dei pastori sardi a una settimana circa dal voto regionale; e mettendo paletti sulla strada del controverso reddito di cittadinanza. E questo mentre un Parlamento difeso a parole come centrale viene umiliato.
Il presidente del M5S, Roberto Fico, costretto a correggersi dopo una gaffe con i deputati del Pd. È successo durante la discussione sul referendum costituzionale col quale i Cinque Stelle vorrebbero introdurre la loro versione di democrazia diretta. Dopo uno scontro a suon di insulti tra esponenti Pd e della maggioranza, i primi hanno lasciato l’aula per protesta contro Fico, che li ha salutati con un sarcastico «arrivederci»: tranne poi chiedere scusa. Ma è nella coalizione gialloverde che si possono produrre le vere rotture. Le diffidenze tra M5S e Lega fanno temere un avvitamento della situazione in qualsiasi momento. La tensione si mescola alle preoccupazioni per i rapporti difficili con le istituzioni europee, e per una stagnazione economica simile a una recessione. Quando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, esprime preoccupazione per «gli eccessi verbali che non dovrebbero avere posto nella comune casa europea», allude anche ad alcune frasi di politici italiani.
E di qui a fine maggio i toni difficilmente saranno abbassati. In più, la strategia della fretta sul reddito di cittadinanza, abbinata a quella della Lega sull’autonomia delle regioni del Nord, provoca un blocco reciproco. I leghisti temono che assecondare la misurabandiera del M5S scontenti il loro elettorato a Nord. E i seguaci di Di Maio non vogliono dare a Salvini un’autonomia di Lombardia, Veneto e Emilia-romagna, vissuta soprattutto nel Mezzogiorno, ma non solo, come inizio dello sgretolamento dell’unità d’italia.