Il ritorno di Renzi. Le accuse ai «falsi amici» nel Pd
A tutto campo con il libro, i riferimenti a Gentiloni e Franceschini. E i suoi parlamentari riempiono la platea
ROMA L’ex viceministra Teresa Bellanova se lo rimira con gli occhi che brillano e sospira: «Io spero che torni perché con lui il centrosinistra andrà di nuovo al governo». Ma la verità è che «lui» non tornerà perché in realtà non se ne è mai andato.
Certo, da qualche tempo in qua Renzi non si occupa delle beghe del Pd e infatti i «suoi» si sono sparpagliati, chi con Martina e chi con Giachetti. Ma l’ex segretario continua a mangiare pane e politica ogni giorno, a intervenire, polemizzare, proporre... Come dimostra il nuovo libro — Un’altra strada — che ieri ha presentato in un’affollata iniziativa, intervistato da Lucia Annunziata e Virman Cusenza.
Ad ascoltarlo c’erano tutti o quasi i suoi parlamentari: quelli che stanno con Martina erano rappresentatissimi. Di candidati c’era solo Giachetti. Applausi per lui e qualcuno ha urlato il suo nome. L’ex segretario, però, non ha voluto rivelare per chi voterà alle primarie: «Su questo non apro bocca». L’ha aperta però per dire in modo più netto del solito che non farà la scissione: «Il Pd è casa mia, non sono andato via nemmeno quando ho perso le primarie in modo stravagante. Non sono mai scappato di casa».
Nel corso della presentazione Renzi ammette gli «errori» ma rifiuta di fare autocritica («roba da comunisti»), in compenso ha qualche colpa e un paio di critiche da distribuire. A Gentiloni, innanzitutto. Non lo nomina ma è a lui che si riferisce , oltre che a Franceschini, quando parla dei «falsi amici» che gli impedirono di andare alle elezioni dopo la sconfitta referendaria. Ed è sempre Gentiloni il «premier» che, insieme alle altre istituzioni, presidente della Repubblica incluso, «ha taciuto» sul caso Consip.
E ancora: Renzi critica Gentiloni per non aver messo la fiducia sullo ius soli («Un errore drammatico») e per «aver impiegato «un anno e mezzo per fare il reddito di inclusione». Ce n’è anche per Letta, che ha detto che senza la rottamazione non sarebbe arrivato il populismo: «Se non ci fossi stato io sarebbe arrivato prima». Poi botte da orbi contro Salvini. E Conte. «Il premier è una fake news. Altro che avvocato del popolo, è l’avvocato delle concessionarie, dei salotti e dei concorsi...».
d L’autocritica? Roba da comunisti Non mettendo la fiducia sullo ius soli Gentiloni ha fatto un errore drammatico