Gli under 14 (non imputabili) usati per lo spaccio
Napoli, la strategia della camorra per trasporto e consegna. Sgominata organizzazione, 12 arresti
NAPOLI L’ultimo articolo scritto dal cronista del Mattino, Giancarlo Siani, prima di essere ucciso sotto casa la sera del 23 settembre del 1985, raccontava i muschilli, ragazzini non ancora quattordicenni utilizzati dai clan della camorra per trasportare droga e consegnarla ai clienti, e scelti sia perché non davano nell’occhio che per il minimo rischio — niente più che il sequestro della merce — in caso di un eventuale fermo da parte delle forze dell’ordine.
Oltre trent’anni fa era così che venivano chiamati, nel gergo criminale, quei ragazzini, e probabilmente è così ancora oggi. Quello che invece è certo è che giovani appena adolescenti, quando non addirittura bambini, svolgono ancora il ruolo di corrieri al servizio dei clan. Lo dimostra un’operazione, disposta dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli e eseguita dai carabinieri di Torre Annunziata, che ha portato all’arresto di dodici persone e alla scoperta di una organizzazione familiare che gestiva un’importante piazza di spaccio nel quartiere napoletano di Ponticelli e che utilizzava per il trasporto e consegne della droga, giovanissimi al di sotto dell’età imputabile.
Al vertice della famiglia c’era Giovanni Gravino, 38 anni, già indagato, ma non imputato, per l’omicidio di un pensionato avvenuto nel 2014 a Portici nel corso di una sparatoria seguita ad un tentativo di rapina. È stato proprio indagando su quell’episodio che i carabinieri hanno raccolto, tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, gli elementi che li hanno portati ad individuare l’organizzazione di spacciatori.
Accanto a Gravino operavano la sua convivente, Maria Pina Sartori, la madre, Patrizia Ariosto, il fratello, Enzo Gravino e altre persone. Il ruolo dei bambini era lo stesso di quello dei muschilli di tanti anni fa, ma c’è da dire che la camorra ha sempre saputo come utilizzare ragazzi non ancora imputabili, anche per operazioni di altro genere. Nel film «Gomorra» di Matteo Garrone si racconta di un dodicenne al quale vengono affidate in uno zainetto le armi utilizzate in un agguato, e lui le porta al sicuro mettendo la borsa sulle spalle e passeggiando per il quartiere come se stesse tornando da scuola.
Ma il caso più clamoroso fu quello avvenuto nella seconda metà del secolo scorso, quando, su incarico della famiglia, il potente clan Moccia, un ragazzo non ancora quattordicenne sparò all’assassino di suo padre, durante il processo nel quale l’uomo era imputato e che si stava svolgendo in un’aula di Corte d’assise del vecchio Tribunale di Napoli.
Film e realtà
Da «Gomorra» agli omicidi in tribunale, i casi dei ragazzini gestiti dai clan