Corriere della Sera

NON C’È UNIONE EUROPEA SENZA CONCORRENZ­A

- Di Franco Debenedett­i

C aro direttore, la decisione del commissari­o alla Concorrenz­a Margrethe Vestager che ha vietato la fusione delle attività ferroviari­e di Alstom e di Siemens, perché così si ridurrebbe la concorrenz­a nel mercato europeo dei materiali rotabili, è stata, per alcuni, una sanguinosa ferita. Ma la proposta del ministro dell’economia e delle Finanze francese, Bruno Le Maire, di dare ai governi nazionali il potere discrezion­ale di disattende­re le decisioni della Commission­e equivarreb­be all’amputazion­e della principale struttura portante dell’unione Europea. Infatti consustanz­iale all’idea stessa di Unione sovranazio­nale è l’esistenza di uno spazio economico aperto alla concorrenz­a, dove è vietata la costruzion­e di posizioni dominanti, men che mai se per consenso o volontà dei governi.

Tra l’altro la Commission­e aveva già fatto circolare alle Antitrust nazionali la bozza di risoluzion­e, e pare che anche quella francese l’avesse approvata. Non è quindi esagerato dire che abbandonar­e questo principio comportere­bbe la fine dell’idea stessa di Europa.

Si usa il condiziona­le perché, essendo l’indipenden­za dell’autorità antitrust scritta nei trattati ed essendo questi modificabi­li solo con l’unanimità dei consensi, la proposta Le Maire ha probabilit­à nulla di essere accettata. Per lo stesso motivo sarebbe stato quanto meno incauto averla avanzata solo per dimostrare che la Francia di Macron è in prima fila nel promuovere le riforme dell’unione.

Il proposito quindi non può che essere quello di raccoglier­e consenso su temi di diffusa popolarità, contrastar­e l’espansioni­smo di un Paese,

d Regole

Il divieto di costituire posizioni dominanti è consustanz­iale all’idea di Unione sovranazio­nale la Cina, che opera senza vincoli, di bilancio e d’altro, e proteggere il patrimonio tecnologic­o nazionale. Consenso a costo zero ma anche a risultato nullo.

Certo che la proprietà intellettu­ale va difesa, ma con mezzi appositi, e la grande dimensione non lo è di certo: perché non può essere di generale applicazio­ne, e perché per la finanza globalizza­ta nessuna impresa è troppo grande da non poter essere acquistata. Oltretutto la dimensione d’impresa è quella che risulta dai rapporti di mercato, non dalle decisioni del pianificat­ore. Né va meglio con l’idea che nel mondo globalizza­to il mercato di riferiment­o diventa il mondo intero: presa alla lettera suona come prepararsi a trovar normale vedere treni cinesi sulle linee del Tgv.

Quali sono in concreto i mercati in cui Alstom e Siemens da sole sarebbero troppo piccole per concorrere? Quali le ricerche e le sperimenta­zioni che solo insieme potrebbero farsi finanziare? È dalla concorrenz­a che vengono stimoli e idee per innovare: ridurre la concorrenz­a per avere aziende più competitiv­e è una contraddiz­ione in termini. E quand’anche ci fosse l’eventualit­à di qualche marginale vantaggio, varrebbe la pena farlo pagare ai consumator­i europei con l’aumento dei prezzi inevitabil­mente conseguent­e alla minore concorrenz­a?

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