«Per competere bisogna crescere Con Astaldi un polo di qualità»
Salini: «Vogliamo dare continuità ai cantieri in cui siamo impegnati nel Paese»
MILANO «Da imprese artigianali a realtà globali. Si sta verificando anche nelle costruzioni il fenomeno delle concentrazioni industriali, perché dimensioni troppo piccole, come quelle di Astaldi, rappresentano un elemento di debolezza per una corretta gestione dei rischi e un’efficace remunerazione sul capitale investito». Pietro Salini, amministratore delegato di Salini-impregilo. si sta convertendo sempre più nell’uomo delle aggregazioni nel settore delle costruzioni. Dopo la fusione con Impregilo di qualche anno fa ora la società che guida ha presentato un’offerta per l’ingresso nel capitale di Astaldi, finita in concordato, per la parte che andrà in continuità. L’operazione, al verificarsi di determinate condizioni come l’approvazione del piano da parte del tribunale di Roma, sarà eseguita attraverso un aumento di capitale per 225 milioni di euro, che si convertirà in una quota di controllo, del 65%, al termine della ricapitalizzazione. Il 28% sarà frutto della conversione in azioni ordinarie dei crediti vantati da banche, fornitori e obbligazionisti.
Perché Salini-impregilo crede in Astaldi se ha sfiorato il fallimento con debiti per oltre 4 miliardi?
«Perché crediamo nei valori di un’azienda che ha quasi 100 anni di storia, perché vogliamo dare continuità ai cantieri in cui è impegnata nel nostro Paese, perché vogliamo dare lavoro e uno stipendio alle maestranze. Di Astaldi è interessante il portafoglio ordini, più che la marginalità dei singoli cantieri difficile da valutare ora perché bisognerà capire come sono stati distribuiti i rischi e il ritorno sul capitale investito».
Paolo Astaldi, ultimo erede di una dinastia familiare che ha dato il nome all’azienda, resterà nell’organigramma societario e con quale ruolo?
«Per competere su scala globale non conta il ruolo di una singola persona. Né si può immaginare che un’azienda dalle dimensioni internazionali possa essere controllata da una famiglia. Più si cresce dimensionalmente, più è necessario uscire da logiche proprietarie e localistiche e affrontare le sfide. Anche noi con Salini-impregilo abbiamo ereditato tradizioni familiari decennali, valori di chi ci ha preceduto. Ciò che conta, mi lasci dire, è avere un piano di sviluppo e la capacità di attrarre giovani talenti. E poi consentire di dare lavoro e continuare a farlo».
Nell’offerta che avete presentato al fotofinish per il salvataggio di Astaldi c’è anche la necessità di individuare un coinvestitore di lungo termine. Cassa Depositi?
«Quando si parla di consolidamento e di strategie per il sistema-paese è inevitabile pensare a Cdp. Quello che le dico è che può essere chiunque possa condividere con noi un orizzonte di lungo termine. Nelle costruzioni servono investimenti importanti, bisogna essere patrimonializzati. Ecco perché serve un
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La crescita
Più si cresce dimensionalmente, più è necessario uscire da logiche proprietarie
partner che non faccia trading, ma condivida il rischio d’impresa su un orizzonte di lungo termine».
Se Astaldi è in concordato, se il primo gruppo cooperativo,
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Le costruzioni
Il settore costruzioni negli ultimi 20 anni è stato distrutto, demonizzando l’intero sistema Cmc, lo è altrettanto, se Condotte è in amministrazione straordinaria, non c’è il rischio di non trovarne?
«Vede il settore delle costruzioni negli ultimi 20 anni è stato distrutto. Si è demonizzato l’intero sistema. Si ritiene che i costruttori debbano affrontare tutti i rischi, invece dovrebbero occuparsi solo di quelli tecnici. Invece in Italia da 20 anni le imprese vengono lasciate sole nei contratti di appalto davanti ai rischi di un’opera, compresi quelli di contenzioso con un sistema di giustizia che ci mette anni ad esprimersi. Lo definirei un metodo punitivo. Il risultato è quello che è successo in questi anni: 145 mila imprese, soprattutto piccole, sono saltate, 800 mila posti di lavoro sono andati persi».
Ammetterà gli errori di alcuni manager, la connivenza con la politica, le inchieste giudiziarie che hanno frenato la realizzazione di alcune opere?
«Quello che ravviso è una corsa disperata di alcune aziende a prendere commesse all’estero perché da noi non c’è più lavoro. Per restare sul mercato molti hanno preso appalti in contesti complessi che hanno finito solo per peggiorare la situazione. La verità è che volevano dare lavoro alle loro maestranze, ma erano privi dell’esperienza necessaria per andare all’estero».
Molte grandi opere sono già finanziate, eppure il governo ha bloccato i cantieri per le analisi costi-benefici.
«Il governo si sta muovendo, ma bisogna prendere decisioni urgenti, immediate. Bisogna riavviare tutte le opere ferme per dare lavoro a migliaia di persone. E un futuro ai loro figli».