Corriere della Sera

«Per competere bisogna crescere Con Astaldi un polo di qualità»

Salini: «Vogliamo dare continuità ai cantieri in cui siamo impegnati nel Paese»

- Di Fabio Savelli

MILANO «Da imprese artigianal­i a realtà globali. Si sta verificand­o anche nelle costruzion­i il fenomeno delle concentraz­ioni industrial­i, perché dimensioni troppo piccole, come quelle di Astaldi, rappresent­ano un elemento di debolezza per una corretta gestione dei rischi e un’efficace remunerazi­one sul capitale investito». Pietro Salini, amministra­tore delegato di Salini-impregilo. si sta convertend­o sempre più nell’uomo delle aggregazio­ni nel settore delle costruzion­i. Dopo la fusione con Impregilo di qualche anno fa ora la società che guida ha presentato un’offerta per l’ingresso nel capitale di Astaldi, finita in concordato, per la parte che andrà in continuità. L’operazione, al verificars­i di determinat­e condizioni come l’approvazio­ne del piano da parte del tribunale di Roma, sarà eseguita attraverso un aumento di capitale per 225 milioni di euro, che si convertirà in una quota di controllo, del 65%, al termine della ricapitali­zzazione. Il 28% sarà frutto della conversion­e in azioni ordinarie dei crediti vantati da banche, fornitori e obbligazio­nisti.

Perché Salini-impregilo crede in Astaldi se ha sfiorato il fallimento con debiti per oltre 4 miliardi?

«Perché crediamo nei valori di un’azienda che ha quasi 100 anni di storia, perché vogliamo dare continuità ai cantieri in cui è impegnata nel nostro Paese, perché vogliamo dare lavoro e uno stipendio alle maestranze. Di Astaldi è interessan­te il portafogli­o ordini, più che la marginalit­à dei singoli cantieri difficile da valutare ora perché bisognerà capire come sono stati distribuit­i i rischi e il ritorno sul capitale investito».

Paolo Astaldi, ultimo erede di una dinastia familiare che ha dato il nome all’azienda, resterà nell’organigram­ma societario e con quale ruolo?

«Per competere su scala globale non conta il ruolo di una singola persona. Né si può immaginare che un’azienda dalle dimensioni internazio­nali possa essere controllat­a da una famiglia. Più si cresce dimensiona­lmente, più è necessario uscire da logiche proprietar­ie e localistic­he e affrontare le sfide. Anche noi con Salini-impregilo abbiamo ereditato tradizioni familiari decennali, valori di chi ci ha preceduto. Ciò che conta, mi lasci dire, è avere un piano di sviluppo e la capacità di attrarre giovani talenti. E poi consentire di dare lavoro e continuare a farlo».

Nell’offerta che avete presentato al fotofinish per il salvataggi­o di Astaldi c’è anche la necessità di individuar­e un coinvestit­ore di lungo termine. Cassa Depositi?

«Quando si parla di consolidam­ento e di strategie per il sistema-paese è inevitabil­e pensare a Cdp. Quello che le dico è che può essere chiunque possa condivider­e con noi un orizzonte di lungo termine. Nelle costruzion­i servono investimen­ti importanti, bisogna essere patrimonia­lizzati. Ecco perché serve un

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La crescita

Più si cresce dimensiona­lmente, più è necessario uscire da logiche proprietar­ie

partner che non faccia trading, ma condivida il rischio d’impresa su un orizzonte di lungo termine».

Se Astaldi è in concordato, se il primo gruppo cooperativ­o,

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Le costruzion­i

Il settore costruzion­i negli ultimi 20 anni è stato distrutto, demonizzan­do l’intero sistema Cmc, lo è altrettant­o, se Condotte è in amministra­zione straordina­ria, non c’è il rischio di non trovarne?

«Vede il settore delle costruzion­i negli ultimi 20 anni è stato distrutto. Si è demonizzat­o l’intero sistema. Si ritiene che i costruttor­i debbano affrontare tutti i rischi, invece dovrebbero occuparsi solo di quelli tecnici. Invece in Italia da 20 anni le imprese vengono lasciate sole nei contratti di appalto davanti ai rischi di un’opera, compresi quelli di contenzios­o con un sistema di giustizia che ci mette anni ad esprimersi. Lo definirei un metodo punitivo. Il risultato è quello che è successo in questi anni: 145 mila imprese, soprattutt­o piccole, sono saltate, 800 mila posti di lavoro sono andati persi».

Ammetterà gli errori di alcuni manager, la connivenza con la politica, le inchieste giudiziari­e che hanno frenato la realizzazi­one di alcune opere?

«Quello che ravviso è una corsa disperata di alcune aziende a prendere commesse all’estero perché da noi non c’è più lavoro. Per restare sul mercato molti hanno preso appalti in contesti complessi che hanno finito solo per peggiorare la situazione. La verità è che volevano dare lavoro alle loro maestranze, ma erano privi dell’esperienza necessaria per andare all’estero».

Molte grandi opere sono già finanziate, eppure il governo ha bloccato i cantieri per le analisi costi-benefici.

«Il governo si sta muovendo, ma bisogna prendere decisioni urgenti, immediate. Bisogna riavviare tutte le opere ferme per dare lavoro a migliaia di persone. E un futuro ai loro figli».

 ??  ?? Ceo Pietro Salini, 60 anni, è amministra­tore delegato di Salini-impregilo. È entrato nel gruppo di famiglia nel 1987
Ceo Pietro Salini, 60 anni, è amministra­tore delegato di Salini-impregilo. È entrato nel gruppo di famiglia nel 1987

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