Madame Max&c. Quel cicaleccio di pizzi e chiffon finito in passerella
L’apoteosi con Galliano per Dior
Christian Dior ebbe a scrivere nel 1951, pochi anni dopo l’epifania del suo New Look, evocando in maniera proustiana i ricordi più evanescenti legati alle donne della propria infanzia: «Tra questi ci sono i loro gesti alla Boldini». Perché come affermava Emilia Cardona, la moglie del pittore, «la vita è movimento». Aggiungendo che nei quadri del consorte «il gesto non è mai posa». A sottolineare la non staticità dei ritratti di Giovanni Boldini. Basta osservare come il pittore ferrarese sia capace di immortalare le sue committenti per rendersene conto. Aristocratiche o facoltose signore come Lady Colin Campbell e Madame Charles Max, giusto per creare un binomio black&white, in cui il movimento dei panneggi dei loro abiti evoca sete e chiffon, sovrapposizioni di tulle e raso, intenti in quello che il pittore Walter Sickert definì wriggle and chiffon, traducibile in un leggero cicaleccio tutto guizzi e chiffon. E Boldini ne è maestro.
Così non può che scatenarsi se non un fitto dialogo con chi osserva. Figuriamoci se poi coinvolto è uno stilista. Immediatamente stimolato a creare qualcosa di altrettanto evocativo, per la passerella. Sorprese John Galliano per come vi riuscì emozionando, negli anni in cui era anima creativa di Dior. Un iperglicemico assaggio si ha con l’alta moda inverno 2005: le sue
modelle sono leggiadre come le boldiniane Madame Charles Max, Emiliana Concha de Ossa o Eugène Doyen. Leggiadre nei tulle e chiffon, sfumatura nuvola e nebbia. L’apoteosi ha luogo due anni dopo a Versailles. Nel luglio 2007 per la sfilata alta moda invernale celebrativa dei 60 anni della Maison, incede una teoria di top model, da Naomi Campbell a Linda Evangelista.
Il titolo della collezione: Le Bal des artistes, e Boldini è l’abito indossato da Alexandra Agoston, di un color glicine pallido, un largo cappello e al collo le perle ne illuminano il décolleté. Galliano con questo modello cattura e materializza quel movimento insito nelle opere di Boldini, delle quali sono protagonisti abiti e materiali, la loro ossatura. Boldini, ancor più di Sargent sulla tela riesce a dare matericità al tessuto.
La scelta fatta di esporre a Ferrara in occasione della mostra Boldini e la moda anche abiti originali, in questa chiave appare affascinante. Tra i pezzi in mostra, un vestito da sera italiano del 1900 in tulle, paillettes e raso. Proviene dagli archivi della Sartoria Tirelli (oggi Fondazione Tirelli Trappetti), un abito, non un costume. La forza di Umberto Tirelli, specie quando lavorava sul set con maghi come il costumista Tosi e Visconti (basti citare L’innocente da D’annunzio), stava nell’utilizzare abiti originali (li collezionava con amore ), oltre a costumi ispirati a questi. Un dialogo. Ancora Di or. Nell’ autobiografia Christian Dior & moi, parla di una specularità tra Boldini e Paul Poiret, questi definito «grande artista». Capace di drappeggiare il tessuto morbidamente e solo con «un colore sorprendente, qualche sforbiciata sapiente e un po’ di spilli, l’abito è fatto». Come sapienti tocchi di pennello. À la Boldini.