AL PARLAMENTO EUROPEO VOTO A SORPRESA: «NO» ALL’AUSTERITY
Il Parlamento europeo si è schierato contro l’austerity, spuntando le armi ai populisti nella campagna elettorale che tra poco entrerà nel vivo. Mercoledì scorso l’europarlamento ha votato contro la proposta della Commissione Ue, che prevedeva il possibile congelamento dei fondi strutturali per il periodo 2021-2027 per i Paesi che non rispettano i parametri macroeconomici dell’ue. In Italia gli eurodeputati hanno votato compatti, e in modo trasversale: socialisti, popolari, pentastellati e leghisti. La battaglia però non è vinta, perché il testo approvato è la base per il negoziato con il Consiglio, cioè con le capitali, sulle nuove regole per la gestione dei fondi Ue (quelle attuali prevedono invece la condizionalità). E qui il quadro si complica, ci sono Paesi «falchi», come l’olanda, che non vogliono mollare la presa. Non solo. La proposta della Commissione prevede anche un’altra condizionalità: il rispetto dello Stato di diritto. Quella rule of law che ha fatto accendere un faro su Polonia e Ungheria. Questa regola il Parlamento Ue non l’ha abrogata. È chiaro che a fare la differenza nella decisione finale saranno le alleanze. L’europarlamento ha votato contro l’austerity perché è stata costruita una sapiente rete tra deputati. È dal 2013 che Andrea Cozzolino e Mercedes Bresso del Pd portano avanti questa battaglia, sostenuta anche dal Comitato delle Regioni. Il «colpo di mano» è riuscito perché Cozzolino ha lavorato nella famiglia socialista convincendo anche i tedeschi e allargando il fronte a M5S e FI. Tra i popolari si è mosso lo spagnolo Ramón Luis Valcárcel, che ha spaccato il gruppo convincendone una trentina. Alla fine il no all’austerity è passato 370 a 300. Ora Roma deve fare la sua parte, l’isolamento nella Ue non paga e le alleanze non sempre si fanno solo con i Paesi ritenuti affini o più amici.