Il rischio necessario per rispondere alle attese
Abbiamo visto una macchina nuova dedicata alla storia Ferrari. Dunque, una esplicita assunzione di responsabilità. È un buon segno. Urge migliorare il curriculum più prestigioso della storia motoristica e Mattia Binotto pare attrezzato per trasformare l’onere in onore. Stesso dicasi per i due piloti: Vettel riposato e impaziente di ottenere una pronta riabilitazione; Leclerc elettrizzato e disposto a lavorare per la ditta. Il fatto è che tutto dipenderà da ciò che non abbiamo visto, vale a dire la vera anima di questa macchina, somigliante alla sorella maggiore solo per tratti macroscopici. Bella, certo; rosso opaco, ma sì; vagamente milanista, ma ancora misteriosa. Servirà un mese, minimo, per ottenere qualche dato più certo sulla stoffa, per
capire se la filosofia che ha portato a definire aerodinamiche e potenze potrà darci una avventura memorabile. La SF90 è diversa dalla Mercedes e dalla Red Bull. È il frutto di una vocazione all’estremo finalmente liberata. Ciò comporta un rischio, come capita a chi cerca il sorpasso tra le curve del Mondiale. Ma tocca attendere per comprendere, visto che durante i test ogni team mimetizza la prestazione. Piuttosto, basterà un solo giro veloce di Leclerc per far decollare il dibattito, non importa la differenza che passa tra una pista vuota e un weekend di gara. Comunque, avremo un dualismo, un valore aggiunto, un altro rischio necessario. Vedremo con quali esiti e, di nuovo, con quali mezzi andrà in scena. Bene fanno gli uomini Ferrari a mostrare serenità. Ma ciascuno per il suo verso — Binotto, Vettel, Leclerc — è alle prese con una stagione più ansiogena di altre. Il cui esito non sta più o del tutto nelle loro mani ma in una sofisticata creatura meccanica. Ancora indecifrabile ma ormai lanciata.
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