Dai silenzi di Boston alla «tolleranza zero» La svolta del Vaticano
CITTÀ DEL VATICANO Francesco lo aveva detto nel 2014, «non ci saranno figli di papà». E in effetti sembra passato un secolo da quando, all’indomani dell’elezione, il 14 marzo 2013, Bergoglio andò a Santa Maria Maggiore e si ritrovò il cardinale Law confuso tra altri preti. Nel 2002, a Boston, era scoppiato lo scandalo pedofilia più grave nella storia della Chiesa americana, quello del film premio Oscar «Spotlight». Ma Law, arcivescovo di Boston da diciannove anni, si dimise «per raggiunti limiti di età» e due anni più tardi fu pure nominato arciprete della Basilica di Roma, dove è rimasto sereno fino alla morte. Si era nel crepuscolo del pontificato di Wojtyla, i tempi in cui si celebravano in Vaticano i sessant’anni di sacerdozio di un pedofilo criminale come padre Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo; in Curia, l’unico a non partecipare ai festeggiamenti fu il cardinale Joseph Ratzinger: aveva tentato invano di processare Maciel, lo farà da Papa.
Altri due cardinali furono ritenuti responsabili di abusi su minori, in Vaticano. L’arcivescovo di Vienna Hermann Groër lasciò nel ’95 e gli fu imposto solo di ritirarsi in penitenza e preghiera: divenne abate di un monastero. Keith O’brien, di Edimburgo, dovette rinunciare «ai diritti e alle prerogative del cardinalato» prima del conclave del 2013, ma anche lui non perse il titolo. Nel frattempo molte cose sono cambiate. Nel 2017 il cardinale George Pell si è «autosospeso» da «ministro» vaticano dell’economia per andare sotto processo a Sydney. A dicembre è stato rimosso dal Consiglio dei cardinali assieme al cileno Francisco Errazuriz, arcivescovo emerito di Santiago, accusato dalle vittime del pedofilo Karadima di avere coperto e insabbiato come il successore, Ricardo Ezzati. Nel frattempo tutti i vescovi cileni hanno consegnato le loro dimissioni al Papa e Francesco, in ottobre, ne ha spretati due: Francisco Josè Cox Huneeus e Marco Antonio Ordenes Fernandez.