«Ormai siamo diventati una costola della destra, al voto vince l’originale»
Fattori: se mi espellono? Resto in Parlamento
d Il bivio
Luigi scelga se vuole fare il ministro o il capo politico
ROMA «Di Maio dovrebbe concentrarsi a fare una cosa sola: rinunciare a uno dei suoi incarichi. O fa il ministro o il capo politico». Elena Fattori, senatrice spesso critica sulla linea e sulla deriva del Movimento 5 Stelle, interviene dopo la sconfitta elettorale in Sardegna.
Senatrice, a cosa dovrebbe rinunciare?
«Scegliesse lui. Noi l’abbiamo eletto come capo politico, quindi dovrebbe fare quello. Ma fare il capo non significa fare il boss. La leadership è una cosa complessa. Bisogna impegnarsi a fondo, conoscere le persone, mediare. È un’arte».
Finora non ha fatto il capo?
«No, finora da capo politico non ha fatto nulla, tranne le campagne elettorali. Non basta l’azione governativa. Ci vuole la conoscenza dei territori, il rispetto delle vertenze. In alcuni casi le azioni di governo sono state contraddittorie rispetto a quanto deciso sul territorio».
E questo non aiuta nelle elezioni locali, visto che perdete puntualmente.
«Le Regionali sono sempre più difficili delle nazionali. In questo caso arriviamo addirittura quarti. Non si possono neanche invocare le alleanze. La verità è che dobbiamo ripartire dal territorio».
Ma queste sconfitte sono figlie di problemi locali o di una disaffezione generale?
«Più che di disaffezione, parlerei di un altro fenomeno. Si è creato un bipolarismo destra e sinistra, dove i 5 Stelle invece di darsi una connotazione autonoma, si sono accodati alla destra. Quando, invece di trascendere realmente gli opposti ti schieri, allora la gente sceglie l’originale e non certo la costola della destra».
Buffa definizione. D’alema chiamò la Lega «costola della sinistra».
«Ora siamo arrivati a stare insieme all’estrema destra. Nelle elezioni europee rischiamo di finire con la peggiore destra identitaria europea».
Di Maio sta facendo partire la riorganizzazione del Movimento.
«Basta che non sia una rivoluzione decisa dall’alto».
Devono deciderla i parlamentari?
«No, io vorrei che Di Maio convocasse tutti i consiglieri comunali, magari con i portavoce. Deve ascoltare il territorio».
Pare abbia già deciso: direttorio, fine doppio mandato locale, via libera a liste civiche.
«Allora è una riforma già fallita. Si passa dal Movimento 5 Stelle al partito di Di Maio».
È arrivato il momento di porre fine all’esperienza di governo?
«Non succederà, non conviene a nessuno. Né adesso né dopo le elezioni europee».
Ma lei sarebbe favorevole a un’interruzione?
«Neanche io, che pure ho votato contro il contratto, lo vorrei. Non avrebbe senso distruggere qualcosa che i cittadini in fondo apprezzano, almeno a guardare i sondaggi. Bisogna però gestirlo meglio».
Si dice sia in arrivo la sua espulsione e quella della Nugnes, a opera del collegio dei probiviri.
«Non lo so, nessuno mi ha avvertito di nulla. Del resto non ho neanche ricevuto la prima comunicazione. Se succedesse, comunque, sarebbe un provvedimento illegittimo e farei ricorso».
E resterebbe in Parlamento?
«Rimarrei nei 5 Stelle nell’animo, anche se fuori dal gruppo».