L’addio a Donna Marella sulle note di Yves Montand «Era solida e resiliente»
Villar Perosa, i funerali della vedova dell’avvocato
● Durante la cerimonia, Donna Marella è stata ricordata anche dalla nipote Ginevra Elkann (nella foto più in alto). In chiesa, tra i molti parenti anche la cugina Allegra Caracciolo Agnelli (foto sotto) VILLAR PEROSA (TORINO) La ripida scalinata che dalla settecentesca villa degli Agnelli di Villar Perosa porta all’ingresso della chiesa di San Pietro in Vincoli è ricoperta da una leggera vegetazione. Anche il parco del castello, come tutti usano chiamarlo qui, quasi interamente visibile dalla scalinata, si sta risvegliando al sole di questa primavera anticipata e si mostra in tutto il suo splendore. Uno dei tanti giardini che Marella Caracciolo, sposata Agnelli, ha disegnato prima e accudito poi. All’ingresso della chiesa la figlia Margherita con una lunga sciarpa di lana nera e beige, occhiali da sole, capelli raccolti, accoglie i familiari che giungono alla spicciolata per dare l’ultimo saluto a sua madre che è nonna, zia, cognata, sorella dei presenti. Le prime ad arrivare sono Francesca Gentile, con il marito Oddone Camerana, e Allegra Caracciolo, cugina di Marella e vedova di Umberto Agnelli. In chiesa rose bianche sulle balaustre ai lati dei pochi gradini che portano all’altare, così come sul feretro. Le preferite di Marella Caracciolo. Nella navata di destra un’arpa che, assieme a un flauto, intonerà le note dell’ave Verum di Mozart. E sempre a destra dell’altare prenderanno posto John Elkann con la moglie Lavinia Borromeo, Ginevra Elkann, con il marito Giovanni Gaetani, Lapo Elkann, l’unico senza cappotto e un fazzoletto da tasca bianco, il colore preferito della nonna, e il padre Alain Elkann. E ancora il fratello di Marella, la nipote che porta il suo stesso nome e buona parte della famiglia Caracciolo. A sinistra sono invece Margherita con il secondo marito Serge de Pahlen, Andrea Agnelli, i Camerana, i Barba Navaretti, i Brandolini d’adda, i Nasi.
La lettera ai Romani di Paolo di Tarso, letta impeccabilmente da Margherita, offre l’occasione al vescovo di Pinerolo, Derio Olivero, per introdurre la metafora del giardino. Maria di Magdala dà le spalle alla tomba e gli occhi al giardino una volta saputo che Cristo è risorto. E il giardino nella tradizione giudaico-cristiana rappresenta l’eden. Olivero esorta i presenti a pensare che Marella Agnelli sta passando da un giardino al Giardino: è tutta impostata alla nuova vita la sua omelia.
E certo la morte è «ferita e lacerazione, ma è anche l’inizio di un viaggio». Un viaggio che comincia dove finisce la strada, o meglio dove inizia il cielo, sottolinea il vescovo con i versi in francese di una poesia che ripete tre volte. Piange Lavinia Borromeo, stringendo la mano al marito. Olivero rammenta l’amore di donna Marella per l’arte che, citando Recalcati, «è un ponte che ci conduce al mistero». E rammenta la bellezza che l’ha sempre circonfusa, intesa non come mera estetica, ma come ciò che penetra nel nostro animo e ci rende migliori. La definisce «solida e resiliente». Anche Ginevra usa lo stesso aggettivo, resiliente, e sottolinea quel gran senso di protezione che sapeva infonderle. E ancora, raccogliendo le lacrime che le si strozzano in gola, afferma che vivrà «come mi hai insegnato, andando su e giù per le montagne, sempre cantando».
Quando Lapo sale i gradini per l’esortazione a pregare, lo fa per lo zio Edoardo, la cui morte è stata il più grande dolore della nonna. Il fratello Nicola Caracciolo rammenta l’estrema discrezione con cui ha aiutato tanti abitanti di Villar Perosa — «forse il luogo
Ginevra Elkann «Vivrò come mi hai insegnato, andando su e giù per le montagne, sempre cantando»
che ha amato di più» — e ha sempre esercitato qualsiasi atto di generosità verso istituzioni benefiche e singole persone. Arriva il momento delle mani che si stringono per il segno di pace. E la famiglia si riunisce. Margherita va verso i figli e tra i banchi si vedono baci e sorrisi. Prima che il feretro si diriga verso il cimitero arroccato alle spalle della chiesa, il vescovo dona a ogni presente una cartolina con «La cena in Emmaus» di Caravaggio. E ancora una volta, nel rammentare che in Occidente il calice si alza per un brindisi, ricorda che Marella ha iniziato un altro viaggio, alla fine della strada dove inizia il cielo. Quel cielo che compare, terso e azzurro, mentre il feretro accompagnato dalla voce di Yves Montand, che intona quella filastrocca per bambini che è «Aux marches du Palais», lascia la chiesa e questo mondo,«jusqu’à la fin du monde», fino alla fine del mondo.