Corriere della Sera

Gigli d’america, l’impero francese oltre l’atlantico

Giuseppe Patisso ricostruis­ce per Carocci la vicenda dei possedimen­ti conquistat­i da Parigi all’epoca della monarchia borbonica

- Di Michaela Valente

Desiderio di conoscere, curiosità e vil denaro, motivazion­i talvolta mascherate da volontà di evangelizz­are, guidarono esplorazio­ni e conquista del Nuovo Mondo: sparuti manipoli di europei si addentraro­no in territori inospitali, abitati da popolazion­i con culture e tradizioni sconosciut­e, tra flora e fauna mai viste.

Nella corsa si cimentaron­o le principali potenze europee con iniziative individual­i o di Stato: prima la colonizzaz­ione iberica e poi quella britannica, con le caratteris­tiche che oramai ben conosciamo, mentre meno note sono le vicende di quella francese. Ed è proprio all’impero del Giglio, il simbolo nello stemma della monarchia francese, che si dedica Giuseppe Patisso, in un libro edito da Carocci, per esaminare l’azione dei francesi tra il 1534 e il 1763 nel Nord America, con un impero, la Nuova Francia, che giunse a estendersi dalla baia di Hudson al golfo del Messico e dall’oceano Atlantico alle Montagne Rocciose. Un territorio molto vasto con intriganti opportunit­à (per esempio la pesca della balena e del merluzzo) e continue minacce da amerindi ed europei.

Fu il commercio di pellicce, in particolar­e di castoro, a far intraveder­e ai francesi ampi margini di profitto e al contempo a spingere per trovare accordi con le popolazion­i native, in particolar modo con gli Uroni. Presto però si affiancaro­no i corridori dei boschi, quei francesi che saltavano la mediazione per incrementa­re i guadagni. Il consenso all’impresa si costruiva con il racconto di alcune figure epiche, di esplorator­i audaci e indomiti, tra cui Enrico Tonti, provenient­e da Gaeta e considerat­o il fondatore di diversi Stati americani, o il gesuita Jean de Brébeuf, artefice della conversion­e degli Uroni e poi martire nel 1649.

Alla Nuova Francia servivano figli e così si ideò un piano di popolament­o con le cosiddette figlie del re, giovani donne che, con doti assegnate dalla casa reale, dovevano sposarsi con i francesi lì residenti per porre freno al meticciato in atto con le indigene. Ci fu poi l’espansione verso sud, lungo il Mississipp­i, ribattezza­to Colbert in onore del ministro delle Finanze, fino alla istituzion­e della Louisiana per Luigi XIV, realtà che richiese il varo di un Codice nero nel 1724 per limitare l’affrancame­nto degli schiavi e degli amerindi. L’impero del giglio tramontò quando l’inghilterr­a riuscì a imporre il suo controllo alla fine della guerra dei Sette anni, nel 1763, ma fu solo per poco tempo: quel dominio sarebbe stato messo in discussion­e con il processo che avrebbe portato all’indipenden­za degli Stati Uniti, dichiarata nel 1776.

Se il progetto politico della Nuova Francia fu fallimenta­re, poiché la monarchia francese considerò sempre le colonie un modo per recuperare o prendere vantaggi in Europa, le conseguenz­e culturali (lingua, religione, rapporto con l’ambiente) sono state invece più durature: le si vede ancora oggi in una città come New Orleans.

Personaggi

Tra i protagonis­ti di quella epopea ci fu anche Enrico Tonti, esplorator­e che era nato a Gaeta

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