La diplomazia del marmo Storia della città di «Luna»
I reperti (nascosti) che fecero grande il centro tosco-ligure
Narrano gli antichi romani che Luna, la città di marmo, luccicasse bianchissima quando il sole allo zenit si divertiva ad abbagliare i viandanti. E che l’antico porto, il più sicuro mai visto a memoria d’uomo perché come un grande fiordo s’insinuava all’interno del golfo, troneggiasse su quel tratto di mare che oggi si divide tra Liguria e Toscana.
Suggestioni di una «Piccola Roma» voluta da Augusto e che, due millenni dopo, continua a emanare le sue meraviglie. E a raccontare segreti e mostrare tesori, non solo tra gli scavi di Luni — questo il suo nome moderno —, il grande parco archeologico con museo diffuso in provincia di La Spezia, ma anche alla 25° edizione del Mercanteinfiera di Parma.
Qui, tra antiquariato e modernariato ma per la prima volta nella sua storia, è stata allestita una sezione dedicata alla storia di questa straordinaria civitas che, come racconta l’imperatore Augusto «trovai di mattoni e la lasciai di marmo». Già, il marmo. Statuario, quello bianchissimo delle Alpi Apuane, lo stesso che un millennio e mezzo più tardi sarebbe stato scelto da Michelangelo per scolpire i suoi capolavori. E se il Buonarroti fondò la vicina Forte dei Marmi per trasportare i blocchi di marmo a Firenze e a Roma, Augusto trasformò Luna, da tempo strappata ai liguri, nel porto di partenza per trasferire il marmo nella Città Eterna.
Non è un caso che il titolo della mostra organizzata al Mercanteinfiera sia «Storie della città di Luna. Frammenti di vita all’ombra di Roma». Organizzata dal Polo museale della Liguria, diretto da Elisabetta Piccioni, l’esposizione ci racconta la città attraverso la sua materia essenziale: il marmo appunto. Con oggetti archeologici rarissimi, alcuni dei quali oggi invisibili al pubblico, la così detta «arte nascosta» cioè quella custodita nei depositi, luoghi di conservazione presenti anche in prestigiosi musei come gli Uffizi.
«A Parma abbiamo esposto la testa di Afrodite, scultura del III secolo a.c. che probabilmente componeva il gruppo dedicato al mito di Amore e Psyche — spiega Antonella Traverso, direttore del museo di Luni —. E ancora, i visitatori potranno ammirare le immagini ad alta risoluzione di tre mosaici che raffigurano la testa di Medusa, la testa di Sileno e Oceano. Rarissima è poi una delle fiaccole bronzee che completavano la statua della dea Luna, uno dei capolavori recuperati negli scavi».
Una curiosità archeologica di straordinario valore è poi
Vicende
Una «civitas» che visse all’ombra di Roma e che produsse una delle pietre più pregiate
un peso mai esposto in pubblico sino ad oggi. «È un peso con inclinazione ponderale pari a venti libbre — spiega Traverso — e con un’iscrizione incisa nel metallo con la tecnica a punti che accenna a una riforma delle misure ordinata nel 47 d.c. dall’impera- tore Claudio e mandata a compimento dagli edili per la realizzazione delle “copie conformi” da trasmettere alle comunità locali perché anche queste si conformassero alla misura del peso in auge a Roma».
La mostra archeologica di Mercanteinfiera non è un espediente slegato dalla cultura e dalla storia: Parma ha un legame con Luni, l’antica Luna. I luoghi sono quelli liminali di una terra, la Lunigiana appunto, che attraverso tre regioni (Toscana, Liguria e Emilia Romagna) e tre province (La Spezia, Massa Carrara e Parma) s’inerpica in valli e montagne che hanno scritto storie incomparabili e ancora oggi appare un mondo separato.
«Direi che questa mostra, che descrive l’incanto del marmo lunense che abbellì Roma è un assaggio di ciò che è possibile trovare a Luni», sottolinea Traverso. Il sito archeologico e il museo disseminato (è allestito in più antichi casali ottocenteschi) custodisce un anfiteatro ben conservato, mosaici straordinari, colonne recuperate nel mare di Lerici, una quantità enorme di reperti marmorei, oggetti raffinati che raccontano storie, curiosità e leggende di un popolo. Che visse nella «Piccola Roma» sino a quando terremoti, invasioni barbariche, interramento del porto, emigrazioni, la trasformarono in un’incantevole città decaduta. Come ricorda anche Dante nel Paradiso.